Ambivalenza delle frontiere
«L’ uomo è organizzatore dello spazio», scriveva negli anni Settanta del Novecento l’etnologo André Leroi-Gourhan1 , esprimendo con queste poche ed incisive parole una delle caratteristiche culturali più evidenti nell’umanità di tutti i tempi: dare ordine all’esistente ispirandosi, innanzitutto, a criteri spaziali. A ben guardare, lo spazio è lo scenario unificante per eccellenza, scelto da noi uomini come criterio operativo tutte le volte che ci proponiamo di dare ordine alle cose che ci circondano, in special modo quando esse appaiano collegate da relazioni fisiche o culturali.
Editoriale
Quando le frontiere diventano porose
di Pina De SimoneDalla metafisica all’ermeneutica1; Nel segno della cura del bene2; Elogio della porosità3: sono tre testi recentemente pubblicati.
Ad accomunarli è il loro nascere da storie di ricerca e di insegnamento (quelle di Piergiorgio Grassi, di Luigi Alici, di Giuseppe Lorizio); da un intenso lavoro di interrogazione e di approfondimento portato avanti nel tempo in una capacità di tessere coinvolgimenti ampi, di aprire percorsi, di mettere in circolo intuizioni e idee quanto mai feconde.
Se volessimo indicare la cifra che caratterizza queste storie, potremmo dire che è sicuramente nella interconnessione e nel dialogo a tutto campo.
Lo si coglie assai bene nel titolo del libro in onore di Giuseppe Lorizio: Elogio della porosità. La porosità viene qui presentata come connotazione propria di una teologia che voglia ripensare se stessa, sapendo stare sulle frontiere. Ma, a ben guardare, la porosità è del sapere come tale, così come è nella filosofia della Scuola di Urbino...