a cura di Pina De Simone, a cura di Carlo Cirotto

Ambivalenza delle frontiere

«L’ uomo è organizzatore dello spazio», scriveva negli anni Settanta del Novecento l’etnologo André Leroi-Gourhan1 , esprimendo con queste poche ed incisive parole una delle caratteristiche culturali più evidenti nell’umanità di tutti i tempi: dare ordine all’esistente ispirandosi, innanzitutto, a criteri spaziali. A ben guardare, lo spazio è lo scenario unificante per eccellenza, scelto da noi uomini come criterio operativo tutte le volte che ci proponiamo di dare ordine alle cose che ci circondano, in special modo quando esse appaiano collegate da relazioni fisiche o culturali.

Editoriale

Quando le frontiere diventano porose

di Pina De Simone

Dalla metafisica all’ermeneutica1; Nel segno della cura del bene2; Elogio della porosità3: sono tre testi recentemente pubblicati.

Ad accomunarli è il loro nascere da storie di ricerca e di insegnamento (quelle di Piergiorgio Grassi, di Luigi Alici, di Giuseppe Lorizio); da un intenso lavoro di interrogazione e di approfondimento portato avanti nel tempo in una capacità di tessere coinvolgimenti ampi, di aprire percorsi, di mettere in circolo intuizioni e idee quanto mai feconde.

Se volessimo indicare la cifra che caratterizza queste storie, potremmo dire che è sicuramente nella interconnessione e nel dialogo a tutto campo.

Lo si coglie assai bene nel titolo del libro in onore di Giuseppe Lorizio: Elogio della porosità. La porosità viene qui presentata come connotazione propria di una teologia che voglia ripensare se stessa, sapendo stare sulle frontiere. Ma, a ben guardare, la porosità è del sapere come tale, così come è nella filosofia della Scuola di Urbino...

Blog

La dimensione performativa della parole, nell’oggi

di Marco Rizzi

Riflettere sulla dimensione performativa della parola implica necessariamente prendere in considerazione le profonde trasformazioni che i meccanismi della comunicazione stanno attraversando nella società del presente, tali da alterare profondamente le coordinate tradizionali in cui siamo abituati a collocare l’idea stessa dell’interazione tra i soggetti, individuali o collettivi, mediata dall’atto linguistico. Anche per questo aspetto, ritengo si possa parlare di «cambiamento d’epoca», non solo di «epoca di cambiamento», per riprendere la felice espressione di papa Francesco. All’origine stessa della tradizione occidentale di cui viviamo ancora l’eredità e al tempo stesso il suo consumarsi si colloca la duplice funzione assegnata alla parola pronunciata: da un lato, la funzione fondativa della società e della convivenza umana; dall’altro, l’efficacia nell’intervenire sulla realtà per...