Nasce il 28 giugno 1902 a Vicenza, città che amava profondamente, dove ritornava spesso e dove ha voluto riposare per sempre.
Nel periodo universitario è fra i fondatori del Circolo di cultura tra studenti universitari di Vicenza – il cui scopo era quello di fare degli studenti ≪dei cristiani convinti e dei professionisti competenti≫– federato poi alla Fuci. Nel 1923, al Congresso nazionale della Fuci svoltosi ad Assisi, presenta la relazione Cattolicesimo e neoidealismo. Aspetto giuridico-sociale, molto apprezzata, in cui analizza il pensiero di Benedetto Croce e di Giovanni Gentile e, anche alla luce del proprio credo filosofico e religioso, mette in guardia dai rischi derivanti dal neoidealismo.
Laureatosi nel 1924 in Giurisprudenza presso l’Università di Padova, inizia la sua attività accademica come assistente ordinario presso la cattedra di Diritto costituzionale di cui era titolare Donato Donati, insigne figura di maestro e punto di riferimento per molti giuristi. Libero docente nel 1932 e poi vincitore del concorso per professore straordinario di Diritto amministrativo e di Scienza dell’amministrazione, insegna Diritto amministrativo nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università di Cagliari e successivamente Istituzioni di diritto pubblico nell’Istituto superiore di Scienze economiche e commerciali dell’Università di Venezia. Conseguito l’ordinariato nel 1937, e chiamato nel 1939 a ricoprire la cattedra di Diritto costituzionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università statale di Milano, succedendo a Santi Romano e a Giuseppe Menotti De Francesco.
Tra le opere piu significative di Egidio Tosato negli anni Trenta-Quaranta occorre ricordare il suo primo lavoro Le leggi di delegazione(Cedam, Padova 1931), in cui tratta uno degli aspetti piu preoccupanti del problema del rafforzamento dell’esecutivo, cioè ≪il fenomeno di evasione della funzione legislativa dal potere legislativo verso il potere esecutivo≫. Come scrive nell’introduzione, la materia è stata trattata in termini rigorosamente giuridici e ≪nello svolgimento è stata bandita ogni considerazione di carattere politico≫. Tuttavia avverte che i risultati dell’indagine potranno essere utili per il politico, perché ≪puo darsi che una migliore informazione giuridica induca a talune rettificazioni nel campo della valutazione politica≫. Importanti sono anche altri lavori del periodo padovano, che ebbero riscontri molto favorevoli nel mondo scientifico, quali La cittadinanza dellepersone giuridiche e I criteri per la determinazione della cittadinanzadelle persone giuridiche, entrambi apparsi nel 1932, i quali affrontano un tema particolarmente difficile e complesso con implicazioni che riguardano il diritto internazionale privato; nell’anno successivo è pubblicato lo studio Il riconoscimento degli enti morali nella teoria degli atti amministrativi, considerato espressivo della sua piena maturità metodologica. A questi lavori ne seguirono altri fra i quali Interesse materiale e interesse processuale nelle giurisdizioni amministrative di legittimità e Sulla natura giuridica delle leggi tributarie.
Periodo precostituente e costituente
Egidio Tosato, ben conosciuto ed apprezzato nel mondo accademico e in quello dell’associazionismo cattolico, è fra le persone che per la loro competenza specifica la costituenda Democrazia cristiana consulta per arrivare alla elaborazione di un programma ≪il meno imperfetto possibile≫. Nell’Archivio Spataro si rinviene uno scritto di Tosato dell’8 agosto 1943 in cui anticipa quello che sara il leitmotivdi molte sue proposte alla Costituente: la riduzione del numero dei partiti come condizione prima per un governo stabile. Come è noto, in quel periodo, nella consapevolezza che la democrazia è una “scuola”, vi è un’attenzione particolare del mondo cattolico alla formazione politica, attestata dalle varie scuole di preparazione sociale, dal ciclo di conferenze su tematiche politico-sociali organizzato dall’Università Cattolica del Sacro Cuore e dall’attività di studio svolta dall’Icas. Tosato non è estraneo a queste attività; in specie egli partecipa come relatore alla XIX Settimana sociale dei cattolici d’Italia con la magistrale stimolante relazione Garanzia delle leggicostituzionali, in cui mette in guardia dai pericoli dell’assolutismo sia monarchico sia democratico e, collegandosi al dibattito sul moderno costituzionalismo liberal-democratico, individua nella garanzia giurisdizionale ≪la condizione imprescindibile affinché il governo della maggioranza non si tramuti nella dittatura della maggioranza e la minoranza non venga perseguita, calpestata e soppressa≫. Tosato fa parte della Commissione Forti (precisamente della seconda Sottocommissione “Organizzazione dello Stato”) predisposta dal Ministero per la Costituente e nel giugno del 1946 viene eletto deputato all’Assemblea costituente (nella lista nazionale della Democrazia cristiana). Egli partecipa attivamente ai lavori dell’Assemblea costituente e in specie a quelli della seconda Sottocommissione della Commissione per la Costituzione (Commissione dei Settantacinque) nel ruolo di relatore per il potere esecutivo. Nel corso della discussione in seconda Sottocommissione sulla forma di governo propone che il presidente del Consiglio venga designato dalle Camere, sulla base di una lista predisposta dal capo dello Stato previa consultazione delle forze politiche. Questa designazione, cui segue la nomina presidenziale, equivale a fiducia parlamentare; per ottenere la rimozione del presidente del Consiglio così nominato occorre una mozione di sfiducia approvata a maggioranza assoluta e – questo e un punto importante – al fine di impedire le lunghe crisi governative, tanto dannose per il funzionamento delle istituzioni, il primo firmatario della mozione diventa il nuovo presidente del Consiglio. Tosato dovrà abbandonare questa proposta, ma cercherà comunque di salvarne i principi ispiratori per evitare il ripetersi di degenerazioni parlamentaristiche, emerse ampiamente nel periodo prefascista e ben conosciute anche in altri paesi, e per soddisfare le esigenze sempre piu pressanti di stabilità, unità ed efficienza dell’esecutivo. Al riguardo occorre tener presente la relazione sul capo dello Stato e sul governo ed il conseguente articolato. Nel disegno costituzionale qui delineato il capo dello Stato non ha una funzione meramente simbolica ma svolge un ruolo di controllo e di garanzia del regolare funzionamento delle istituzioni. Proprio per evitare che il capo dello Stato si trovi in posizione di dipendenza rispetto al Parlamento, ne propone l’elezione da parte di un collegio elettorale costituito non solo dalle due Camere ma anche da membri ad esse estranei, presidenti delle assemblee e delle deputazioni regionali, così da permettere un collegamento tra Stato e regioni. Merita notare che l’inserimento dei rappresentanti regionali nel collegio elettorale presidenziale rispondeva al disegno di Tosato di uno Stato regionale con accentuazione quasi federale.
«Occorre che il Governo governi»
Quanto poi al governo, Tosato così spiega nella relazione: ≪Occorre che il Governo governi e non si trasformi in una commissione parlamentare≫. E nello schema presentato, il primo ministro non è un primus inter pares, ma è il solo responsabile della politica generale del gabinetto ed ha tutti i poteri necessari per contrastare le tendenze centrifughe e la politica per ministeri ed assicurare l’unitarietà d’azione tanto difficilmente raggiungibile in governi di coalizione, soggetti nella formazione e nella “vita” ai giochi delle forze politiche.
Come sottolinea in uno scritto pubblicato su ≪Cronache sociali≫nel 1947 (Legittimità del governo), ≪il governo di coalizione è estraneo alla natura, al significato e alla logica del governo parlamentare, rispetto al quale rappresenta un episodio eccezionale e anormale, giustificato, generalmente, dallo stato di guerra≫. Questa posizione è pero largamente minoritaria e fortemente criticata dalle varie forze politiche; non mancano atteggiamenti discordi neppure nell’ambito democristiano. La proposta viene mutilata in Sottocommissione ed ulteriormente in Assemblea nonostante Tosato difenda strenuamente la specificità della posizione e dei poteri del primo ministro. In Assemblea costituente, poi, dal momento che le sue proposte tendenti ad assicurare un capo di governo forte sono state accolte solo parzialmente e che la fine dell’intesa tripartitica ha reso drammatica la situazione politica, egli cerca di rafforzare, quasi per compenso, la posizione del presidente della Repubblica. Precisamente, per rendere quest’ultimo libero dalle forze partitiche, Tosato si spinge a proporne l’elezione popolare diretta nell’ipotesi in cui nessun candidato alla presidenza abbia ottenuto dopo il terzo scrutinio i due terzi dei voti. Come è noto anche questa proposta non viene accolta. Cadono pure altri congegni di stabilizzazione del governo relativi, ad esempio, alla regolamentazione della mozione di sfiducia attribuita all’Assemblea nazionale, cioe all’istituto formato dalle due Camere riunite. Il risultato finale sarà pertanto lontano dalle aspettative che avevano comunque accompagnato l’approvazione dell’ordine del giorno Perassi, in base al quale il sistema parlamentare doveva essere disciplinato ≪con dispositivi costituzionali idonei a tutelare le esigenze di stabilità dell’azione di governo e ad evitare le degenerazioni del parlamentarismo≫.
Sebbene il disegno istituzionale di Tosato sia stato modificato prima nella Commissione dei Settantacinque e poi in Assemblea, in quanto le esigenze politiche o meglio partitiche, oltre che i timori di ritorni autoritari, inducevano ad altre soluzioni, tuttavia proprio grazie alla sua opera non si è consacrata nella Costituzione italiana una forma di governo parlamentare estremamente fluida.
Periodo repubblicano
Terminata la fase costituente Tosato è eletto deputato nella I e nella II Legislatura nelle liste della Democrazia cristiana; ricopre la carica di presidente della Commissione Interni della Camera dei deputati fino al 1949, quando è eletto vicepresidente della Camera e successivamente nel 1953 è eletto presidente della Commissione Giustizia, segnalandosi per la competenza e per la serietà di impegno. Inoltre e nominato sottosegretario al Ministero di Grazia e Giustizia nel VI e nel VII governo De Gasperi ed è Ministro della Pubblica Istruzione nel I governo Fanfani.
Lasciata la politica Tosato ritorna pienamente all’insegnamento e agli studi. Nel gennaio 1962 e chiamato nella Facoltà di Scienze politiche dell’Universita di Roma, dove insegna prima Diritto costituzionale italiano e comparato e poi Istituzioni di diritto pubblico, caratterizzandosi per la chiarezza e la lucidità delle lezioni e per la disponibilità al dialogo nel pieno rispetto della dignità degli studenti. Molto stimato dai colleghi, è eletto direttore dell’Istituto di studi giuridici e in seguito preside della Facoltà di Scienze politiche, distinguendosi per le sue doti di grande equilibrio.
Riguardo agli scritti del periodo repubblicano, molto interessante è il saggio Sovranità del popolo e sovranità dello Stato del 1957, che bene attesta la sua concezione democratica e garantista nella valorizzazione della personalità e della sovranità del popolo.
Particolare menzione merita anche lo studio pionieristico Sul principio di sussidiarietà dell’intervento statale del 1959, nel quale precisache questo principio ≪svincola dalla morsa reciprocamente esclusivadell’individualismo liberale e del collettivismo socialista≫.
L’attenzione alle autonomie locali, già emersa in Assemblea costituente, si riscontra nel lavoro su La regione nel sistema costituzionaledel 1964, ove sottolinea che ogni regione ≪potrà svolgere una parte notevolissima nel processo di rinnovamento e di progresso sociale, non solo a vantaggio proprio, ma anche nell’interesse generale≫.
Troppi parlamentari e ingerenza dei partiti
Riguardo al funzionamento delle istituzioni, inoltre, nell’intervista rilasciata al giornale ≪Il Popolo≫il 23 dicembre 1977 (Per l’esecutivo occorrestabilità, a cura di Domenico Sassoli), Tosato deplora che l’Italia abbia un governo parlamentare che ≪nella realta politico-costituzionale è e non puo non essere che istituzionalmente debole, anche perché, nella prassi, si è cercato in tutti i modi di limitare i poteri del Governo≫. In altri studi, poi, pur recriminando le carenze del testo costituzionale, Tosato avanza comunque proposte dirette a migliorarlo. Così nello scritto Saranno possibili riforme marginali (Prospettive nel mondo,n. 43, 1980) suggerisce una diminuzione del numero dei componenti delle due Camere. Altre volte ritorna, con amarezza, sui pericoli che minano il corretto funzionamento delle istituzioni, quale ad esempio la tendenza egemonica dei partiti. Così in uno dei suoi ultimi lavori, Rapporti fra persona, società intermedie e Stato del 1982, rimarca che le deviazioni partitocratiche, aggravate dall’esasperazione del multipartitismo, come tutte le degenerazioni oligarchiche, costituiscono un pericolo per la libertà e per la democrazia. E nella pagina, preparata per la consegna della raccolta degli Scrittiin suo onore, ancora lamenta la fragilità dei nostri governi derivante ≪dall’eccessivo pluralismo partitico dominante nelle Camere del Parlamento, dal conseguente necessario ricorso a governi di coalizione fra partiti che difficilmente trovano un solido ubi consistam,e destinati perciò a crisi continue, che si traducono nella crisi della compagine statuale, nel suo distacco dalla società civile...≫.
Infine nella voce Stato, nell’Enciclopedia del diritto, pubblicata postuma, frutto di ampi e approfonditi studi comparatistici, Tosato ribadisce che ≪il riconoscimento della personalità e dei diritti umani, dell’uomo prima ancora che del cittadino, in tutte le direzioni compatibili con l’interesse generale, rientra fra gli interessi primari che l’autorità statale è chiamata a perseguire≫.
Pertanto esattamente sulla lapide posta sulla sua casa natale a Vicenza, in occasione del Convegno promosso dal Comune di Vicenza in suo ricordo, è scritto che autorevoli sono i suoi ≪apporti di dottrina e di pensiero al disegno di uno Stato democratico fondato sui valori della persona, della società civile e delle autonomie≫.
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Antologia
[...] Si constata e si riconosce ormai generalmente – contraddizioni isolate, molto teoriche e poco realistiche, non sono tali da infirmamentare è poco, per non dire affatto soddisfacente quando e dove le forze politiche sono divise e organizzate in un numero notevole di partiti. La condizione ideale del governo parlamentare e l’esistenza di due soli partiti, aventi la possibilita di avvicendarsi al potere, a seconda che l’uno o l’altro di essi sia il partito della maggioranza.
Quanto piu la realtà politica si avvicina a questa condizione, tanto più il Governo risulta stabile, unitario, efficiente; inversamente, quanto piu la realtà politica si allontana da questa condizione ideale, tanto più il Governo risulta instabile, eterogeneo, inefficiente. La situazione politica italiana è caratterizzata da un considerevole frazionamento di forze politiche, divise e suddivise in numerosi partiti politici, più o meno diversi, più o meno opposti fra di loro. Se, nonostante ciò, la Sottocommissione ha deliberato di adottare la forma di governo parlamentare, ma di adottarla con quei dispositivi costituzionali che valgano ad ovviare ai più gravi inconvenienti che essa, nella situazione data, naturalmente presenta, il compito che si tratta di assolvere appare oltremodo arduo. Non voglio pensare alla quadratura del circolo, ma non posso nemmeno accarezzare delle illusioni. Comunque, i suggerimenti che mi permetto di presentare all’esame della Sottocommissione sono i seguenti:
a) In ordine alla formazione del Governo (art. 19). Dato che, rebus sic stantibus, e per quanto è prevedibile, i governi in Italia saranno dinecessità, almeno normalmente, formati dalla coalizione di due opiù partiti, sembra consigliare affidare la scelta del Primo Ministroal Capo dello Stato, e non, direttamente, alle Camere. L’interventodiretto di queste ultime non servirebbe ne a semplificare, né a facilitare,e neppure ad orientare la scelta più opportuna. Sembra invecenecessario disporre che il Capo dello Stato nomini e revochi i Ministrisu proposta del Primo Ministro, e ciò al fine di permettere, perquanto è possibile, al Presidente del Consiglio, una certa libertà discelta dei suoi collaboratori. Questa, sia pure praticamente limitata,libertà, può favorire, nella eterogeneità della compagine governativa,l’unità dell’azione del governo, e, quindi, la stabilità del Governostesso.
b) In ordine all’organizzazione del Governo. Occorre che il Governo governi e non si trasformi in una Commissione parlamentare. L’unità dell’azione di governo e un’esigenza che scaturisce dalla nozione stessa di governo dello Stato, e vale per tutti i governi, compresi quelli di coalizione. Essa costituisce la condizione prima della stabilità governativa. Di qui la necessità, del resto ormai generalmente riconosciuta, che il Governo abbia un capo, che il Primo Ministro non sia soltanto un primus inter pares, ma abbia tutti quei poteri che sono indispensabili per assicurare precisamente l’unità d’azione di tutti i Ministri nell’attuazione del programma approvato dal Parlamento.
Sono queste le considerazioni che determinano, anche nella terminologia, il rilievo dato alla figura del Primo Ministro (art. 19 ss.) e in particolare l’affermazione della sua responsabilità per quanto riguarda la politica generale del Governo, con l’indicazione degli essenziali poteri di cui deve essere fornito di fronte a tutti i Ministri (art. 20). In base a queste disposizioni il Primo Ministro dovrebbe assumere una posizione sua propria, caratteristica diversa da quella di tutti gli altri Ministri, tale da permettergli di essere veramente, com’è necessario, colui che dirige, coordina e unifica l’azione governativa. E affinché la figura del Primo Ministro non possa snaturarsi, affinché il Primo Ministro non devii da quelle che sono le sue naturali funzioni, ho ritenuto opportuno introdurre una esplicita disposizione secondo la quale il Presidente del Consiglio non possa assumere un dato Ministero se non ad interim (art. 20). In base allo stesso ordine di idee ho ritenuto inoltre necessario fare un esplicito riferimento agli uffici della Presidenza del Consiglio, che rappresentano l’indispensabile strumento dell’azione del Primo Ministro e che una legge dovrà quindi adeguatamente ordinare e organizzare (art. 21).
(Da Relazione di Egidio Tosato, presentata alla II Sottocommissione, sull’articolato predisposto dal Comitato di studio sul potere esecutivo, pubblicata in La nuova Costituzione italiana. Progetto erelazioni, Studium, Roma 1947, pp. 173-181).