Con il cuore di padre

di 

Reca una traccia squisitamente personale la Lettera apostolica Patris corde scritta da papa Francesco in occasione del 150° Anniversario della dichiarazione di San Giuseppe quale patrono della Chiesa universale e con la quale ha indetto uno speciale Anno di San Giuseppe. In una nota di questa Lettera apostolica, il Pontefice ci confida, infatti, che «Tutti i giorni, da più di quarant’anni, dopo le Lodi, recito una preghiera a San Giuseppe tratta da un libro francese di devozioni, dell’ottocento, della Congregazione delle Religiose di Gesù e Maria, che esprime devozione, fiducia e una certa sfida a San Giuseppe: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere. Amen”».
Ed è ad una intimità con san Giuseppe simile alla sua che papa Francesco vorrebbe condurre ogni credente, un’intimità che trae origine proprio dalla reale vicinanza del Santo «alla condizione umana di ciascuno di noi». Una vicinanza che prende il nome di paternità.
Di quest’ultima i sette capitoletti della Lettera offrono ogni volta un approfondimento diverso e complementare. Giuseppe si offre, allora, a noi quale Padre amato, poi come padre nell’obbedienza, nell’accoglienza, dal coraggio creativo, lavoratore, ed infine quale Padre nell’ombra.
Le osservazioni che Francesco svolge a proposito di tutte queste sfaccettature della paternità di Giuseppe sono ricche e arricchenti, aiutando a coglierne meglio la figura e ad incentivarne la devozione.
Confesso che quella che mi ha colpito di più è l’ultima, alla quale vorrei dedicare un’attenzione speciale. Quell’appellativo deriva da un famoso romanzo dello scrittore polacco Jan Dobraczyński dedicato a san Giuseppe e intitolato appunto L’ombra del Padre. Scelgo di dedicare qualche spazio in più a questo argomento, ben consapevole che sono in tanti oggi e a giusta ragione a parlare di una grave crisi dei padri e della paternità e più in generale degli educatori e dell’educazione.
Ebbene, proprio la metafora dell’ombra, sotto la penna di papa Francesco, si dimostra capace di mettere in luce alcuni elementi essenziali dell’esercizio di ogni paternità e più in generale di ogni gesto educativo, a partire da quello importantissimo dei genitori.
Tra di essi spicca innanzitutto la cura a spingere il figlio nella realtà, nell’esperienza della vita, nel renderlo cioè sempre più capace di scelte e di autonomia. Segue poi la sottolineatura di quella libertà richiesta a chi educa per accompagnare felicemente la crescita dei piccoli. Solo se impastati e alimentati dalla libertà, l’amore di un padre e l’amore di una madre evitano il grande rischio di risultare controproducenti, in quanto soffocanti e castranti. Un terzo elemento decisivo di un amore paterno/materno che funziona bene, desumibile sempre dall’esempio di san Giuseppe, è dato dalla fiducia: «Il suo persistente silenzio – sottolinea Francesco – non contempla lamentele ma sempre gesti concreti di fiducia». Da ultimo l’attenzione viene riportata sulla necessaria disponibilità, da parte di chi educa, di aprirsi all’inatteso e all’imprevedibile che ogni nuovo nato al mondo porta con sé e di ricordarsi sempre che, come san Giuseppe, tutti siamo «ombra dell’unico Padre celeste». Educare resta sempre un atto di fiducia nel futuro. Non è mai pura conservazione o inerte trasmissione del passato.
Queste, dunque, sono alcune delle numerose e fecondi suggestioni che la Lettera apostolica Patris Corde offre alla nostra meditazione alla scuola di san Giuseppe. Non ci resta pertanto che andare a procurarcela, leggerla e farne tesoro per noi e per coloro che sono affidati alle nostre cure.