L’Italia si trova nel periodo post-elettorale di fronte a tutti i problemi che aveva nel periodo precedente, anche se aggravati con lo scorrere del tempo e l’assenza di soluzioni adeguate. Richiamo soltanto i tre grandi scenari della pace, della giustizia sociale e della salvaguardia della biosfera: temi che hanno trovato scarsa attenzione nelle discussioni elettorali e che sembrano ignorati nel dibattito politico attuale. Difetta una visione del futuro; difettano, insieme, la speranza e la responsabilità.
Il giudizio sulla responsabilità della guerra e sul diritto di un popolo alla legittima difesa non esonera dalla ricerca incessante e tenace di vie negoziali e dal dovere di non avallare una concezione del conflitto che punti irrealisticamente all'annientamento dell’avversario. Il ruolo dell’Italia è a questo proposito quello di costruire un autonomo protagonismo dell’Europa (i cui interessi e valori non sempre né necessariamente coincidono con quelli degli Usa) che abbia al centro non la continuazione della guerra, ma la costruzione della pace. È però altamente improbabile – questa la mia opinione - che la soluzione di governo che emerge dalle elezioni concorra alla costruzione di un protagonismo europeo.
Già nei prossimi mesi la questione sociale – secondo gli analisti - assumerà dimensioni drammatiche: povertà, precarietà, disoccupazione, redditi più bassi per i lavoratori, disuguaglianze. Sarebbe richiesta quella che papa Francesco chiama grandezza politica, che si rivela quando in momenti difficili si opera sulla base di grandi principi e pensando al bene comune a lungo termine. Questa idea di politica è però, come ognuno può vedere, assai lontana dal profilo di classe politica che appare perlopiù sugli schermi televisivi o che si prepara ad assumere responsabilità di governo. In generale l’esperienza mostra che il ceto politico fa molta fatica ad assumere il dovere verso il bene comune in un progetto ampio, non nazionalista né sovranista, di nazione.
Una riflessione analoga può essere avanzata anche a proposito della questione ambientale e del contrasto al cambiamento climatico, dai più solo retoricamente evocati, nonostante la loro portata epocale e urgente venga attestata sia dalla comunità scientifica che dalla comune esperienza di eventi estremi sempre più frequenti e sconvolgenti. Rispondendo a interessi elettorali la classe politica non si azzarda a irritare una popolazione consumista con misure che possano intaccare il livello dei consumi; ciò frena l’inserimento di una agenda ambientale lungimirante nell’agenda pubblica.
Soprattutto, manca l’idea. Difetta cioè una visione dell’Italia non declinata in termini sovranisti e populisti, ma aperta al vasto mondo e solidamente radicata nell’orizzonte europeo. Questa apertura all’altro, questo universalismo concreto è l’unico atteggiamento coerente con ciò che è meglio nella nostra storia. D’altro lato difetta la percezione di una responsabilità da esercitare in favore di ciò che è comune, che contrasti l’individualismo consumistico e autoreferenziale che ha successo e influenza sulla mentalità collettiva. Risvegliare e rafforzare questa coscienza della responsabilità verso la polis è compito urgente – anche se molto difficile e contro-corrente - della educazione, della cultura, e delle comunità religiose per un aspetto della loro iniziativa.