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Ordine dal disordine. Una quasi parabola per i nostri tempi

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Non possiamo far finta di nulla. Tutti, chi più chi meno, abbiamo la spiacevole sensazione di vivere un periodo di grande instabilità che, mentre accentua nei singoli un senso di incertezza e di timore, scatena nella società uno stato palpabile di precarietà e di diffusa preoccupazione. La dolorosa ferita inferta dal Covid era ancora sanguinante quando sono sopraggiunti, violenti, gli sconquassi umanitari e socio-economici della guerra in Ucraina.

La dimensione performativa della parole, nell’oggi

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Riflettere sulla dimensione performativa della parola implica necessariamente prendere in considerazione le profonde trasformazioni che i meccanismi della comunicazione stanno attraversando nella società del presente, tali da alterare profondamente le coordinate tradizionali in cui siamo abituati a collocare l’idea stessa dell’interazione tra i soggetti, individuali o collettivi, mediata dall’atto linguistico. Anche per questo aspetto, ritengo si possa parlare di «cambiamento d’epoca», non solo di «epoca di cambiamento», per riprendere la felice espressione di papa Francesco.

Il lavoro di cura sarà sempre più centrale. Meglio non trascurarlo

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In una recente episodio del cartone animato South Park fuori da un grande negozio di bricolage alcune persone stanno sedute a terra reggendo dei cartelli. A un certo punto un furgone si avvicina: è quello di un cosiddetto “handyman”, un tuttofare esperto di riparazioni domestiche. Le persone si alzano improvvisamente e prendono d’assalto il furgone: sui loro cartelli ci sono scritti i loro titoli di laurea.

Fuoco, acqua, luce. La divinizzazione dell’uomo nel pensiero dei Padri greci

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A che cosa somiglia un mondo senza la morte, un mondo in cui basta un bagno «rigenerante» (sic) in una vasca speciale per fermare l’invecchiamento? Provano a raccontarlo gli autori di Ad Vitam, serie televisiva di successo prodotta dalla rete franco-tedesca Arte (novembre 2018). Ed è un mondo lugubre, tetro, popolato da vecchi con l’aspetto di quarantenni e da bande di adolescenti che aspirano al suicidio come forma di protesta e di liberazione dalla noia, dalla routine, dal vuoto di ideali, dalla mancanza di uno scopo, di un senso.

Don Milani, permanente "signum contradictionis"

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Il centenario della nascita di don Lorenzo Milani (Firenze, 27 maggio 1923) sta moltiplicando dibattiti e scritti su di lui, per altro, numerosi anche negli ultimi anni. Non v’è dubbio: egli è stato figura singolare, geniale, divisiva. E divisivo continua ad essere. Un autentico “signum contradictionis”. Ancora oggi la sua vicenda suscita contrapposizioni nette: pro o contro. Con il rischio di tirarlo, nuovamente, da una parte o dall’altra, classificandolo sotto etichette di comodo, semplificatrici.

Cosa ha ancora da dirci il sacrificio di Jan Palach

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Jan Palach nacque l’11 agosto 1948  e morì a Praga, 19 gennaio 1969, dandosi fuoco per protesta contro l’invasione sovietica della Cecoslovacchia, invasione che, iniziata il 5 gennaio 1968, soffocò con la forza delle armi, il tentativo di creare in quel Paese uno Stato che, senza rinnegare le conquiste sociali fino ad allora realizzate (pur non senza difficoltà e momenti di grave crisi economica), le integrasse con i diritti di libertà civile e politica, fino ad allora negate dal dominio che l’Unione Sovietica esercitava sui paesi sotto il controllo dell’URSS (il cosiddetto “blocco sovietic

Rigenerare il lavoro e le sue virtù

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Il lavoro è in crisi. Non è la prima volta che si discute sulla sua tenuta. Di «fine del lavoro» se ne parlava già il secolo scorso, oggi c’è chi teme che stia per scomparire a causa dei robot e dell’intelligenza artificiale. D’altro canto la storia insegna che l’innovazione ha sempre generato fenomeni di disoccupazione tecnologica. Quel che deve preoccupare di più probabilmente non è allora questo ma la natura della crisi che il lavoro attraversa, che è di senso e significato.

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