In margine alla Settimana sociale…

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Sulla Settimana sociale dei cattolici italiani, svoltasi recentemente a Taranto, sono stati pubblicati, a diversi livelli, molti importanti contributi (vedi in particolare il recente numero di Segno).
Tra le tante considerazioni possibili a consuntivo del percorso attraversato vorrei sottolineare che la Settimana sociale è stata prima di tutto e fondamentalmente la testimonianza, che continua nel tempo, di un amore appassionato dei credenti per la terra, per il mondo che ci è affidato. Nella linea di una lunga tradizione, si è trattato di un grande e importante momento di testimonianza del primato della persona e del bene comune nelle forme peculiari dell’oggi. Ciò è andato di pari passo con la crescita della consapevolezza che la questione ambientale non può essere separabile dalla questione sociale e da quella antropologica e che solo una chiave di lettura relazionale può essere in grado di mettere insieme tutti gli elementi oggi richiesti per parlare di ambiente, lavoro, futuro nel loro ineludibile intreccio.
Far crescere questa consapevolezza oggi, nella vita della chiesa e della società, in un tempo in cui sostanzialmente si vive nella frammentazione, nella separatezza, nel particolarismo, pur dentro l’orizzonte di forme globali e totalizzanti di comunicazione, significa rileggere anche in modo diverso lo slogan “tutto è connesso” che esprime sicuramente la constatazione di un dato di fatto imprescindibile ma, a tutti i livelli, da trasformare in un fondamentale impegno. In questa direzione è andata la provocazione della Settimana sociale. Tutto è connesso, ma ancor più, potremmo dire, tutto si deve ben connettere: tutte le parti devono riuscire a rapportarsi adeguatamente al tutto, tutto ciò che è particolare deve tendere all’universale, ma anche il contrario; tutto ciò che è universale deve salvaguardare il particolare. In altre parole il locale e il globale hanno bisogno di ritrovare una nuova e diversa modalità di relazione. Ciò richiede una prospettiva culturale di lettura e interpretazione della realtà che sappia cogliere le peculiarità ma anche i nessi profondi esistenti e quelli nuovi possibili. Ciò richiede, nello stesso tempo, una politica nuova, effettivamente capace di guardare al futuro del Pianeta, come futuro delle persone e futuro della vita, e stili di vita assolutamente coerenti e responsabili segnati da un decisivo cambiamento di mentalità.
La Settimana sociale ha mostrato l’estrema concretezza di questi discorsi, non si è orientata esclusivamente a riflettere sui principi (fatto sempre lodevole e necessario), ha fatto il massimo sforzo nel favorire l’interazione tra i principi di fondo e le azioni conseguenti. Ha proposto traduzioni operative (indicando anche passi da compiere, vie da percorrere…), ha offerto anche alle istituzioni provocazioni e suggerimenti costruttivi. Ha messo in luce esempi, ha fatto conoscere buone pratiche, ha proposto un metodo di lavoro capace di far interagire le questioni più diverse, ha messo in dialogo le generazioni (i giovani presenza significativa e importante in dialogo e piena condivisione con gli adulti), ha mostrato come anche la comunità ecclesiale, le parrocchie, le associazioni, abbiano il compito di favorire processi innovativi a tutti i livelli anche laddove  la ripetitività, il disfattismo, la stanchezza possono apparentemente prevalere. La Settimana sociale, sulla scia della Laudato si e della Fratelli tutti ha provato a far cogliere che le decisive questioni trattate (l’ambiente, il lavoro, il futuro, la sostenibilità, la transizione ecologica…) non possono essere considerate solo oggetto dell’attenzione degli specialisti, ma interpellano il dovere di tutti e chiedono, ancor più ai credenti responsabilità, partecipazione, lungimiranza.