Informazione e cultura. L’alleanza da ricomporre
Ogni giorno, mentre scorrono sui nostri schermi migliaia di notizie, video e post, è sempre più evidente il divario tra l’informazione mainstream e i saperi – scientifico, tecnico, artistico e letterario – che alimentano la cosiddetta industria culturale. L’informazione punta all’impatto immediato e si trasforma in spettacolo per attrarre click e visualizzazioni, privilegiando l’emozione rispetto al pensiero critico e alla riflessione analitica. La cultura in senso stretto è invece spinta ai margini, relegata alle ultime pagine dei giornali, confinata in ambienti specialistici.
Editoriale
Il lamento non udito della pace
di Piero PisarraMancano ottantanove secondi a mezzanotte. Mentre scrivo, l’orologio dell’apocalisse, il Doomsday Clock, segna l’ora più buia della nostra storia. Da quando fu creato all’Università di Chicago nel 1947, due anni dopo Hiroshima e Nagasaki, il Bulletin of the Atomic Scientists indica con le sue lancette simboliche i pericoli per il pianeta: cambiamento climatico, guerre, pandemie. È buio, «tutti vanno nel buio», come nei Quartetti di T.S. Eliot: «gli uomini di stato e i governanti, / i distinti funzionari, i presidenti di molti comitati». È buio. E noi a chiederci come sia stato possibile. Pensavamo alla guerra come a un evento lontano e improbabile. La fine dei nazionalismi e l’Unione europea sembravano averci messo al riparo dal più crudele e dal più stupido dei giochi. Mai più la guerra, gridavamo nei cortei o alle marce di Assisi, mentre con il resto d’Europa riscoprivamo Erasmo, l’intellettuale dubbioso, laicamente canonizzato e divenuto il santo patrono dell’Unione.