Quando la Terra trema

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Il tremore fisico durante un terremoto rispecchia le “scosse” che minacciano l’umanità: sei distopie interconnesse – crisi ambientale, declino dell’ordine internazionale, guerra, disuguaglianza economica, disinformazione e disagio mentale. Come un cubo di Rubik, queste crisi richiedono soluzioni coordinate per preservare l’umanesimo.

La paura dà la scossa all’identità umana nelle distopie del nostro tempo

Trema tutto. E in molti casi dopo il tremore crolla tutto e muoiono in tanti. Sappiamo tutti cosa si sente: ognuno di noi ha tremato qualche volta nella sua vita. Chi come me si è dedicato per anni al soccorso umanitario ha tremato tante volte, non solo nei terremoti più forti, ma anche di fronte ad altre catastrofi tremende. La stessa definizione comune delle peggiori esperienze umane usa proprio la parola “tremende”, che esprime in modo vivido l’inevitabile tremare che è l’espressione fisica e spirituale della paura1. Nella natura tremano gli esseri umani e anche molti altri esseri viventi. La scossa nei sistemi viventi è un’immagine rivelatrice della scossa che sente l’umanità, quella che fa tremare la dignità dei popoli, l’identità stessa dell’essere umano e l’umanesimo, cioè la vittima – sempre la stessa – della paura. Per gli esseri umani, la paura è la più ancestrale e irrefrenabile delle emozioni: da sempre e ancora oggi è la paura a innescare conflitti e genocidi efferati, schiavitù degradanti e disuguaglianze profondamente ingiuste, guerre commerciali spietate e devianti narrazioni terroristiche2

Mentre scrivo, sono appena uscito ancora una volta da una profonda esperienza di paura totale nel forte terremoto a Bangkok e in Myanmar il 28 marzo scorso. Nelle scosse telluriche è la Terra che trema per prima e immediatamente – in sincronia agghiacciante – si manifesta la reazione fisiologica potente e sgradevole che il nostro corpo mette in atto quando percepisce le scosse del pianeta. Quel senso di angoscia profonda e opprimente, la nausea debilitante, la trepidazione che agita il cuore, il giramento di testa che confonde i sensi, e il tremore incontrollabile nei muscoli e nelle ossa sono la risposta naturale a una grave minaccia, sia essa reale o immaginaria, che ci coglie di sorpresa. Per questo, tremare è il verbo usato più spesso per descrivere le crisi di varia natura: trema la borsa, trema la maggioranza di governo e, di fronte a grandi sfide, tremano le gambe e la voce.

Durante i momenti di paura intensa, il corpo umano subisce diverse trasformazioni fisiologiche: il battito cardiaco accelera, la respirazione diventa affannosa, si verifica una secchezza delle fauci e viene rilasciata nel flusso sanguigno una quantità notevole di energia. Tremando, anche i muscoli si preparano all’azione, predisponendosi per una risposta di lotta o fuga. Prende il sopravvento immediatamente la ricerca – spesso confusa e disperata – di qualcosa di solido, qualcosa che protegga noi stessi e gli altri, una qualche fonte di audacia e coraggio che metta a tacere la paura. 

La paura che ci scuote in un terremoto è dovuta anche al rendersi conto, in una frazione di secondo, che a scuoterci è la Terra, una materia che crediamo inanimata, quando ci accorgiamo che anche la Terra vive, freme e non possiamo fermarla. Si dice “tenere i piedi per terra” per significare lo stare sul sicuro in modo stabile. E invece trema sia dentro che fuori quel piccolo granello di polvere galattica che gira intorno al Sole a circa 107.000 chilometri l’ora, pari a quasi 30 km al secondo, quattro volte più veloce di un proiettile. Al solo pensarci vengono subito i brividi. 

Ma, pensandoci bene, non tremiamo mai abbastanza nella nostra indifferenza di fronte al pessimo modo di custodire quel piccolissimo pianeta dove viviamo, l’unico che abbiamo. Per dare spazio alla speranza, ogni paura dovrebbe essere definita, riconosciuta, espressa e subito messa sotto controllo dalla forma più appropriata di audacia e coraggio e dalla forza della speranza che viene dall’alto, ma va coniugata con le sfide dal basso. Tutte le ferite all’umanesimo causate dalla policrisi sono curabili.

Almeno sei distopie sistemiche contemporanee e collegate tra loro sono di una gravità tale da definirle “tremende”. Come in un cubo di Rubik, queste distopie si possono riparare solo mettendo mano a tutt’e sei contemporaneamente. Infatti, anche quando si riesce a risolverne una, poi si deve comunque rivoluzionarla per risolvere le altre. 

La più tremenda crisi planetaria è quella ambientale, che papa Francesco ha descritto con lucidità nell’enciclica Laudato si’ del 2015. «L’umanità ha superato sei dei nove limiti della capacità di autoregolazione della Terra: cambio climatico, uso sostenibile dei suoli, alterazione dei cicli biogeochimici, consumo eccessivo di acqua dolce, inquinamento chimico e perdita di biodiversità»3. I disastri, che sembrano naturali ma sono in realtà causati dall’uomo in ogni parte del mondo, comprendono eventi meteorologici estremi sempre più frequenti: ondate di calore, inondazioni, siccità e tempeste sempre più frequenti e intense, che minacciano persone ed ecosistemi, provocando morti, povertà, migrazioni e instabilità politica4. La crisi del sistema di salute pubblica globale e le nuove pandemie sono tra gli effetti collaterali più gravi. 

La forza da abbracciare per risolvere questa distopia è quella della natura della Terra, che ci sostiene e ci governa5. Il trattato di Parigi sul cambio climatico e le relative COP (conferenza delle parti firmatarie)6 offrono i percorsi condivisi ed efficaci che mettono sotto controllo la distopia ambientale. L’Organizzazione Mondiale della Sanità rappresenta una forma efficace di governo di questi rischi e andrebbe rafforzata con una forte partecipazione dal basso. La crisi gemella di quella ambientale è la crisi dell’ordine internazionale, concepito nella Carta delle Nazioni Unite del 1945. Quella Carta definì con chiarezza l’identità e la dignità umana, affermò i diritti umani e il diritto internazionale: un disegno completo per mantenere la pace nel mondo e rafforzare la giustizia planetaria. Purtroppo, quell’accordo mondiale ha funzionato in molte occasioni ma ha fallito in troppe altre, mostrando ormai palesemente tutte le fragilità accumulate in ottanta anni. Alcuni leader politici, soprattutto i regimi sovranisti, dittatoriali o con aspirazioni autoritarie, auspicano che il multilateralismo basato sul diritto, sulla responsabilità e sulla governance globale dei beni comuni deperiscano per vecchiaia e indifferenza. Ovviamente, in assenza di una regola alternativa globale e condivisa, alla forza del diritto si sostituirebbe la prepotenza della forza economica e militare; un’ombra di ritorno al passato che abbiamo già visto profilarsi spudoratamente in diversi scenari importanti, come in Palestina, in Ucraina, e dovunque vengano scoperti nuovi giacimenti di risorse energetiche o di metalli rari e preziosi. 

La prima trilogia di crisi sistemiche si completa con la distopia della pace negata, della crescita degli armamenti e dell’ingiustizia globale che erano il primo e fondamentale obiettivo della Carta dell’ONU. Questa distopia si manifesta in reiterati conflitti interstatali e guerre civili interne a diversi paesi per il controllo delle risorse naturali. Il numero delle guerre ha raggiunto un primo record nel 1991 (51 conflitti in quell’anno), cui è seguita una continua diminuzione che ha portato quasi al dimezzamento di quel triste primato verso i primi anni 2000. 

Ma, dopo il 2011, il numero di conflitti ha cominciato nuovamente a crescere con una rapidità allarmante. Se si diceva che il 1991 era il periodo più denso di guerre dell’intera storia7, dal 2015 ogni anno ha battuto il record precedente e, nel 2024, si sono superati i 60 conflitti. Si tratta di conflitti che si concentrano per lo più in Africa, Centro America, Medio Oriente e Indocina con intensità e tempistiche differenti, che hanno in comune l’egoismo nazionalista, che esplode e fa più vittime delle armi nucleari, uccidendo anche la fratellanza dei popoli8. La situazione è tale da poterla chiamare una “Terza guerra mondiale a pezzi”, come ha dichiarato più volte papa Francesco. Oltre alla morte e distruzione che portano con sé, le guerre sono moltiplicatrici di disuguaglianze e povertà acute e migrazioni incontrollabili: conf litti, disastri ambientali, instabilità economica e persecuzioni di vario genere forzano un numero crescente di persone a lasciare le proprie case e le proprie terre, creando sfide umanitarie e politiche complesse per i paesi ospitanti. 

La soluzione della distopia del disordine politico mondiale è complessa ma è realizzabile a breve termine. Essa è ben illustrata nelle proposte dettagliate per una seconda generazione di Carta delle Nazioni Unite, compresa la creazione di un Parlamento mondiale per consolidare una nuova priorità, il multilateralismo democratico dal basso, coinvolgendo i cittadini9

La quarta grave distopia è il sistema finanziario globale deregolamentato, il capitalismo sfrenato e predatorio che sembra operare senza un controllo efficace. I governi non riescono a far rispettare la corresponsabilità dei ricchi attraverso una fiscalità equa. Essa dovrebbe garantire servizi sociali essenziali, come salute pubblica, educazione e pensioni, senza indebitarsi oltre ogni limite e senza ipotecare la sostenibilità delle prossime generazioni. Anche nei paesi ricchi, l’aumento dei prezzi di beni essenziali, come cibo, energia e alloggi mette a dura prova le famiglie, aumenta la povertà e l’instabilità sociale. Come denuncia Oxfam ogni anno, l’un per cento della popolazione mondiale ha accumulato quasi i due terzi della nuova ricchezza generata dal 2020 a livello globale (valutata 42 trilioni di dollari), quasi il doppio di quella del restante 99% dell’umanità10. Nell’ultimo decennio, l’un per cento più ricco si è impossessato di circa il 50% della nuova ricchezza11. La deregulation generata dalle ideologie di R. Reagan e M. Thatcher ha raggiunto oggi la sua apoteosi grazie a sistemi finanziari occulti e criminali che fanno milioni di schiavi, attraverso il traffico di persone e migliaia di nuove forme di frodi finanziarie impunite12 e riciclaggi di denaro per triliardi di dollari. Ai pirati del crimine internazionale si sono affiancati decine di stati canaglia13 e di stati falliti. Secondo Elinor Ostrom14, molte soluzioni efficaci all’economia della disuguaglianza si generano ponendo al centro la comunità, invece del mercato15. Inoltre, le convenzioni internazionali sulle misure di controllo del crimine transnazionale e la Corte Penale Internazionale sono l’argine efficace per risolvere questa distopia. I governi che non le rispettano, non le supportano e non le applicano sono complici più o meno consapevoli.

Tutte le quattro distopie che ho illustrato si radicano fortemente su reti diffuse di disinformazione generate dall’intelligenza artificiale (IA) che opera su istruzioni mirate e intenzionali di interessi di parti prepotenti. L’IA generativa facilita la diffusione di informazioni false su larga scala, minando la fiducia e destabilizzando i processi democratici. I “fatti falsi” ottengono dignità pari alla verità e si mascherano da libera opinione. Tra i più devastanti effetti collaterali, cresce la polarizzazione sociale e/o politica: le divisioni ideologiche e religiose che si acuiscono, rendendo difficile il dialogo e la cooperazione e la risoluzione di problemi comuni, aumentando il rischio di disordini civili e di veri e propri conflitti16

Infine, c’è una sesta distopia della quale la maggior parte degli analisti preferiscono non parlare. È difficile dimostrare se si tratta di una causa o di un effetto delle altre distopie globali, ma è certo che il declino della salute mentale ha raggiunto un ordine di grandezza senza precedenti. L’aumento dei livelli di stress, ansia e depressione, esacerbato da incertezza e pusillanimità diffuse, ha implicazioni significative per la salute pubblica, la produttività economica, il rispetto dei diritti umani e la consegna intergenerazionale dei beni comuni globali. Secondo le Nazioni Unite, quasi 300 milioni di persone usano droghe, dalle amfetamine agli oppioidi17 (circa +66% rispetto al 2000), 280 milioni sono depressi, 700 milioni (il 9% della popolazione mondiale) sono affetti da disturbi della personalità e circa 727.000 persone si suicidano ogni anno18. Si stima che il 15% della popolazione nei paesi ricchi usi psicofarmaci. 

Queste sei distopie scuotono l’umanesimo nell’epoca di caotico cambiamento in cui viviamo. Esse sfidano insieme il cuore dell’identità stessa dell’essere umano. Come in una scossa di terremoto, la paura è sia la causa che l’energia che ci fa cercare subito paradigmi più sicuri e capaci di proteggerci. L’identità umana ha bisogno del cambiamento come il cambiamento ha bisogno dell’identità. Abbiamo bisogno sia del movimento verso l’unità sia del movimento verso il cambiamento e la diversità19. Per esperienza personale, conoscere e accettare queste sfide con protagonismo coraggioso può trasformare la scossa più tremenda in speranza e felicità.

Note

1 R. Peckham, Fear, an alternative history of the world, Little Brown Books, Boston 2023.

2 V. Capraro, S. Calvani, La scienza dei conflitti sociali, Franco Angeli, Milano 2020.

3 S. Calvani, G. Rizzi, M. Yunus, Protopia, un nuovo impegno quotidiano per i beni comuni globali, Saggi / Città Nuova, Roma 2025.

4 World Economic Forum, Global Risk Report, Ginevra 2024.

5 S. Francesco d’Assisi, Cantico delle Creature, Cong. Francescana, 2024.

6 unfccc.int (u.c. 20.05.2025).

7 M.G. Marshall, T.R. Gurr, Peace Conflict 2005, Center for International Development and Conflict Management (systemicpeace.org/vlibrary/PeaceConflict2005.pdf); Azione cattolica italiana, Oxfam: l’ora più buia per l’uguaglianza (azionecattolica.it/oxfam-lora-piu-buia-per-luguaglianza), u.c. 20.05.2025. 

8 S. Calvani, G. Rizzi, M. Yunus, Protopia, un nuovo impegno quotidiano per i beni comuni globali, cit.

9 J. Leinen, A. Bummel, A World Parliament: Governance and Democracy in the 21st Century. Second expanded and updated edition, Democracy Without Borders (democracywithoutborders.org/world-parliament-book, u.c. 20.05.2025).

10 Azione cattolica italiana, Oxfam: l’ora più buia per l’uguaglianza, cit.

11 Inoltre, quasi 1,7 miliardi di lavoratori vivono in paesi in cui l’inflazione supera l’aumento dei salari e 820 milioni di persone (circa una persona su dieci nel mondo) soffre la fame. A partire dal 2020, la pandemia ha aggravato la situazione: si stima che 163 milioni di persone siano precipitate nella povertà tra il 2019 e il 2021 mentre, nello stesso lasso di tempo, ogni 26 ore nasceva un nuovo miliardario, che va ad aggiungersi agli altri 2.600 nel mondo.

12 Unodc, Cyberfraud in the Mekong reaches inflection point, aprile 2025 (unodc.org/ roseap/en/2025/04/cyberfraud-mekong-inflection-point/story.html, u.c. 20.05.2025).

13 M. Birolini, Stato canaglia, Ponte alla Grazie, Milano 2023.

14 Elinor Ostrom (1933-2012) è stata la prima donna a vincere il premio Nobel per l’economia nel 2009.

15 E. Ostrom, Nobelist and Queen of the Commons, European Tribune, 14 ottobre 2009 (nobelprize.org/uploads/2018/06/ostrom_lecture.pdf, u.c. 20.05.2025).

16 Global Risks Perception Survey (GRPS). Il rapporto si basa sui risultati di un sondaggio annuale che raccoglie le opinioni di quasi 1.500 esperti globali provenienti da diversi settori (aziende, governi, università, società civile). WEF, Ginevra, 2024. Secondo lo stesso rapporto, la dipendenza crescente dalle infrastrutture digitali rende le società vulnerabili ad attacchi sofisticati che possono paralizzare servizi essenziali, rubare dati sensibili e causare danni economici significativi.

17 Unodc, World Drug Report 2024 (unodc.org/unodc/en/data-and-analysis/ wdr2024-key-findings-conclusions.html, u.c. 20.05.2025).

18 Who, Suicides Fact Sheet (who.int/news-room/fact-sheets/detail/suicide, u.c., 20.05.2025).

19 J. Pageau, Discovering Identity: Between Tyranny and Chaos, in «Alliance for responsible citizenship», 2025 (arcforum.com/research-papers/discovering-identity-betwee n-tyranny-and-chaos, u.c. 20.05.2025).