Don Emilio Guano. Il “paladino” dei laici cattolici

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Consapevole del suo ruolo di educatore, volle fare dei suoi giovani degli uomini di cultura, coscienze libere e aperte al confronto. Designato da Giovanni XXIII membro della commissione per l’apostolato dei laici, egli sottolineò la necessità di una partecipazione qualificata dei laici e cercò di allargare il più possibile la loro collaborazione al Concilio, anche al di là della cerchia degli uditori, insistendo sul criterio della competenza piuttosto che della rappresentatività.
 

Monsignore Emilio Guano. O forse sarebbe meglio dire “don Guano”, come lo chiamavano tutti, amici e discepoli, e come lui preferiva farsi chiamare. Giuseppe Viola ricorda: «Quando una innocente fucina osò chiamarlo per la prima volta monsignore, il sorriso arguto che egli fece negli occhi luminosi, distendendo quel suo volto chiaro sugli zigomi sporgenti, e l’inchino goffamente riverente che le rese, col cappello in mano, replicando: Buongiorno, monsignora!»1. Don Guano aveva il gusto dello scherzo come ricordano in molti e in particolare mons. Franco Costa, alla cui vita quella di Guano si intrecciò più volte: «Ebbe il gusto dello scherzo e una letizia che prorompeva in ogni occasione d’incontro e di amicizia. Per don Guano la vita era veramente bella, non perché non avesse in lui e nei fratelli ore di profonda sofferenza, ma perché c’era Dio. Mostrò a tutti che la gioia è doverosa testimonianza del cristiano»2. Nei suoi settant’anni, la vita di Guano si scandì di momenti molto importanti e diversi tra loro che lo prepararono a quello che fu il momento rivelatore della sua vita, il Concilio ecumenico Vaticano II. La sua formazione di sacerdote, educatore e uomo di cultura nel senso più autentico fu determinante nella sua partecipazione al Concilio. Emilio Guano nacque a Genova il 16 agosto 1900 da una famiglia di estrazione popolare con salde radici religiose e crebbe in un ambiente di una cristianità tradizionale, contrassegnato dalla lotta degli antimodernisti contro ogni elemento di novità all’interno della Chiesa3. Dopo aver frequentato una scuola elementare privata, entrò in seminario all’età di nove anni, dove rimase fino al 1921, quando si trasferì a Roma, al collegio di Sant’Apollinare, per licenziarsi in teologia presso il Pontificio Istituto Biblico. Qui ebbe modo di seguire corsi di lingua ebraica, di greco e di siriaco; frequentare corsi biennali di esegesi dell’Antico Testamento e un corso biennale di esegesi nel Nuovo Testamento. Il 23 dicembre 1922 venne ordinato sacerdote a Roma nella Basilica di San Giovanni in Laterano e, tre giorni più tardi, tornato a Genova, celebrò la sua prima messa nella Chiesa di San Giorgio, la parrocchia in cui era cresciuto. Nel 1924, dopo aver concluso gli studi con una tesi in Scienze Bibliche dal titolo Le citazioni esplicite dei profeti nella lettera ai Romani, fece nuovamente ritorno a Genova dove venne mandato come curato nella parrocchia del Corpus Domini, nel popolare quartiere di San Fruttuoso, in cui rimase per dieci anni, dedicandosi in particolar modo ai giovani4. Di lì a poco, nel 1925, spiragli di novità favorirono una maggior apertura della società genovese alla modernità, quando venne nominato il nuovo Arcivescovo di Genova, mons. Carlo Dalmazio Minoretti.

Il gruppo genovese

L’episcopato di Minoretti si contraddistinse per numerose iniziative sociali, volte a incentivare il movimento sociale dei cattolici e a valorizzare le migliori energie intellettuali del clero e del laicato5. Per la realizzazione del suo programma pastorale, egli si avvalse anche del prezioso contributo del giovane Guano. A lui Minoretti affidò il ruolo di assistente ecclesiastico del gruppo Fuci di Genova. Sotto la guida di Guano e di quella dell’allora presidente, Franco Costa, il gruppo si riorganizzò, aderendo alla linea montiniana e ponendo quindi fine a una serie di tensioni con la presidenza nazionale che avevano caratterizzato gli anni precedenti. La Fuci di Genova, allineandosi alle posizioni di Montini e Righetti, orientò il suo impegno in chiave culturale e religiosa, mentre si assisteva alla progressiva ascesa del fascismo che ostacolava ogni dibattito politico. Nonostante il difficile momento storico, il gruppo genovese riuscì in ogni caso ad aumentare il numero degli aderenti, un centinaio per tutti gli anni Trenta, diventando un punto di riferimento per il mondo universitario cittadino6. Con Guano la Fuci divenne un luogo di incontro e formazione per educare i giovani a vivere e farsi testimoni del Vangelo. In un numero di Ricerca, pubblicato nel 1949, Guano chiarisce quale doveva essere, secondo lui, il ruolo della Fuci: «La Fuci è nata in un momento in cui la cultura italiana e in particolare l’ambiente universitario erano in gran parte lontani e anche avversi al Cristianesimo e alla Chiesa. È nata quindi per un bisogno di difesa e di diffusione dei valori cristiani nelle anime dei singoli studenti e nell’università; si accompagnava naturalmente a questo l’intendimento di approfondire personalmente e socialmente il pensiero e la vita cristiana. La Fuci rinasce ogni anno nell’Università dall’intesa di anime cristiane, che si propongono ancora gli stessi scopi: essa rimane a servizio degli Universitari e dell’Università, della cultura, della Chiesa, per contribuire ancora alla difesa e alla diffusione dei valori cristiani, al rifiorire dell’Università, al suo farsi sempre più cristiana, all’approfondimento personale e sociale del pensiero e della vita cristiana. Se mai una differenza c’è, a questo riguardo, dagli inizi della Fuci a oggi, è che la Fuci si orienta sempre più nell’intenzione positiva dell’approfondimento piuttosto che nell’atteggiamento della difesa»7. Guano ambiva a dei fucini che fossero dei cristiani che con la loro presenza potessero diffondere il cristianesimo nell’università; ed è per questo che proponeva e auspicava una presenza più attiva nell’università.

L’università degli incontri

Per lui la Fuci si doveva configurare come lo strumento di congiunzione tra la Chiesa e il mondo universitario: «La Fuci è un’accolta di studenti che amano l’Università italiana, che la vorrebbero sempre più perfetta, intelligente, affiatata, cristiana; e che semplicemente compagni tra compagni, offrono per questo scopo il loro servizio di cristiani alla Chiesa e all’Università»8. Da qui l’iniziativa di organizzare in università degli incontri e delle conferenze aperte anche ai non fucini. Come assistente riuscì ad avviare un profondo rinnovamento della cultura religiosa del gruppo di Genova, attraverso ritiri spirituali, la celebrazione della Pasqua universitaria, l’uso dell’italiano nella Liturgia delle Ore e l’abitudine alla lectio divina: tutti strumenti utilizzati da Guano per stimolare e far crescere la consapevolezza del ruolo dei laici nella Chiesa. Cercando di educarli non solo a una conoscenza storica della Chiesa, ma anche e soprattutto ad avere fede nella Chiesa: «Se ascoltare la Chiesa è ascoltare Cristo che parla, noi dobbiamo ascoltare le direttive che da essa ci vengono per la nostra vita e la nostra fede, perché attraverso la Chiesa è il Signore che continua a manifestarsi nel mondo. Il nostro atteggiamento di fronte alla Chiesa non deve essere quindi che l’atteggiamento nostro di fronte a Cristo»9. Consapevole del suo ruolo di educatore, Guano voleva fare di quei giovani degli uomini di cultura, formare coscienze libere e aperte al confronto, «elaborare con loro un metodo di ricerca della verità, orientandoli a tradurlo poi, occorrendo, in metodo di attività»10. E lo strumento principale utilizzato per l’elaborazione di questo metodo, era il testo biblico, a cui Guano invitava a una maggiore consuetudine, anche attraverso le pagine di Ricerca11. L’esperienza che Guano maturò nel gruppo Fuci di Genova, ebbe modo di metterla a frutto anche in presidenza nazionale, quando nel maggio del 1935 giunse a Roma nelle vesti di vice-assistente della sezione femminile della Fuci, insieme all’amico Franco Costa, nominato vice-assistente della sezione maschile. Erede della Fuci di Montini e Righetti del decennio 1925-1933, la sua azione si discostò dalla riflessione politica, orientandosi nella formazione religiosa e culturale. Nel corso degli anni, don Guano ebbe anche modo di instaurare un rapporto di amicizia con il futuro pontefice Paolo VI, come confermano le diverse lettere che i due si inviarono. Per esempio, in occasione della nomina di Guano a vice-assistente, Montini scrive: «Ieri, solo ieri, ho saputo che sei ufficialmente vice-assistente delle universitarie nostre. Sono lietissimo di ciò. Non ci puoi credere quanto mi sia di conforto il pensare che tu e d. Costa, con d. Pelloux e gli altri nostri sacerdoti genovesi, avete in mano la direzione spirituale della Fuci! E che l’ottima, paterna guida di Mons. Anchini vi lascia iniziativa, vi protegge da responsabilità. Ma ringrazio Dio di gran cuore, e lo prego che le cose, così ben combinate, diano frutti, molti frutti quali da anni aspettiamo, e quali voi e la Fuci meritate»12. La riflessione di don Guano sul concetto di laico, sulla formazione dei laici, sulla famiglia come soggetto di apostolato, sull’Azione Cattolica e sul ruolo dell’assistente ecclesiastico giunsero a una più completa maturazione durante il concilio. Guano venne designato da Papa Giovanni XXIII, già all’inizio dei lavori conciliari, come uno dei dieci membri della commissione per l’apostolato dei laici. Fin dai lavori preparatori al concilio, Guano sottolineò la necessità di una partecipazione qualificata dei laici e cercò di allargare il più possibile la loro collaborazione al concilio, anche al di là della cerchia degli uditori, insistendo sul criterio della competenza piuttosto che della rappresentatività13. Il settore che lo occupò maggiormente e in cui più investì le sue energie, fu quello del rapporto Chiesa-mondo, il famoso schema XIII diventato poi la Costituzione conciliare Gaudium etSpes, e da cui si svilupparono ulteriori approfondimenti e documenti sulla vocazione e posizione dei laici nella Chiesa di Dio14. Emilio Guano non fu uno dei massimi protagonisti del Concilio Vaticano II, ma lasciò un’impronta significativa che nello specifico della Gaudium et spes si concretizzò nell’apporto dato al capito IV, riguardante il rapporto tra Chiesa e mondo, al capitolo II della seconda parte, sul progresso della cultura, e ai numeri finali dei capitoli I, II e III, che costituivano un richiamo cristologico in relazione alla dottrina dell’uomo15. Guano si fece coraggioso sostenitore della linea d’aggiornamento: credeva che la Chiesa dovesse consolidare la dimensione ecumenica ed interreligiosa ed era favorevole al dialogo con il mondo laico. Era inoltre convinto che il cammino verso l’unità della Chiesa partisse dal primato della Parola, dalla connessione tra scrittura e tradizione. Come lui stesso ebbe modo di scrivere: «Tota vita christiana, tota vita ecclesiae de verbo Dei vivunt. Et in servitium Verbi Dei positae sunt»16. Don Guano viene ricordato da molti come uomo della Parola e ancora oggi, se ci fosse, continuerebbe a invitarci a una maggior confidenza con il testo sacro: «Come l’ho visto tante volte coi fucini, coi laureati, coi docenti universitari cattolici, prenderebbe in mano il libro della parola di Dio e con parola piana, con rispetto che traduce la fede nella parola ispirata, ci inviterebbe a riflettere, sempre con lo sguardo aperto sulle cose e sulle vicende della vita, ad ascoltare l’appello di Dio a ciascuno di noi e alla comunità»17. Don Guano morì nel 1970 ma attraverso le pagine che scrisse per la Fuci, per i laureati e per tanti altri ancora, egli per chi lo ascolta non smette di insegnare.

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Antologia

«Come leggere il Libro Sacro» di Emilio Guano

Lo spirito con cui accostarsi alla S. Scrittura rientra nello spirito con cui si accosta qualunque libro; si tratta di adattare le nostre disposizioni a ciò che già si sa o che si va man mano scoprendo di ciò che un libro è o vale.

1). Naturalmente bisognerà che il lettore tenga ben presenti i caratteri di questo libro singolare che è la Bibbia; questi soprattutto: che essa è un libro veramente umano (perché scritto da uomini veri, perché parla di cose che sono accadute e sogliono accadere tra gli uomini); un libro divino (perché è veramente Dio che parla in esso, degli uomini, di Sé). Talmente che la lettura di esso è l’aprirsi di uno scambio tra Dio che parla e l’uomo che legge. Quindi si entra e si sta in questa lettura con atteggiamento che è insieme di rispetto e di familiarità.

2). Cerca di capire. […] La Bibbia, dall’inizio alla fine, è opera di Dio, il lettore della S. Scrittura sarà attento soprattutto a scoprire, entro e oltre e tramite la parte umana e i fatti umani, che Dio stesso dice le sue intenzioni, il valore religioso che Dio ha inteso in ogni pagina, forse facendoci passare attraverso la scompostezza o la grossolanità o la irreligiosità degli uomini. Tanto più da questo punto di vista, per capire bisogna ricordare che ogni testo biblico presuppone i precedenti e prepara i seguenti, mentre al centro dello svolgimento nella storia delle intenzioni divine vi è Cristo. Appunto per capire è necessario non perdersi nei particolari, ma sforzarsi di cogliere il disegno e l’idea dominante in ogni testo, in tutto il Testo Sacro. Naturalmente, siccome la Bibbia è un libro per certi versi culturalmente lontano da noi, dai nostri usi, dalla nostra maniera di pensare e di esprimerci, ci vorrà, attraverso lezioni, introduzioni, commenti, l’aiuto fraterno di competenti, che faciliti a noi l’entrare nella sua comprensione, anche semplicemente umana. E siccome essa contiene il Mistero di Dio e siccome Dio l’ha affidata alla sua Chiesa, bisognerà riceverne dalla Chiesa l’interpretazione sicura. La quale Chiesa tale interpretazione ci dà attraverso le dichiarazioni ufficiali, attraverso i commenti che approva, soprattutto per quanto riguarda l’insieme, attraverso il situare che essa fa del testo sacro nella divina Liturgia. Il lettore deve apportare la sua ricerca personale, la docilità alla competenza dei competenti e della Chiesa, la sua pazienza: con pazienza accettare di non capire tutto, accettare che molti particolari rimangono oscuri. […] Ogni lettura della Bibbia deve essere quindi fatta un po’ con spirito di studio.

3). Lasciarsi penetrare. Questo spirito di onestà per cui si cerca di capire deve trasformarsi, si trasformerà quasi da sé a poco a poco, in uno spirito più cordiale, se ci si può esprimere così; ci si lascia illuminare, ci si lascia nutrire, ci si lascia formare, ci si lascia penetrare, dalle idee, dai modi di pensare, di sentire, magari di esprimersi della S. Scrittura, cioè in sostanza dalle idee e dai modi di Dio, sia pure (poco male!) attraverso i modi degli scrittori Sacri. […] La lettura della Bibbia non può non essere almeno un po’, meditazione.

4). La lettura del Libro dev’essere fatta soprattutto come una preghiera. Essa è anche un colloquio con gli uomini: con quelli che per primi hanno scritto questi testi, sotto l’ispirazione di Dio; con quelli che per primi li hanno trascritti e commentati, attraverso millenni di storia cristiana; con quelli che oggi ce li leggono. Ma è soprattutto, essenzialmente, un colloquio con Dio: Dio continua a parlare e l’uomo ascolta; l’uomo si rivolge a Dio e Lo interroga e Dio gli risponde; l’uomo riceve e fa sua la parola di Dio e gliela ritorna in orazione.

(Tratto da Ricerca del 14-15 luglio 1950)

Note

1 G. Viola, Note per una biografia, in AA. VV., Emilio Guano. Uomo della Parola, Edizioni Studium, Roma, 1977, pp. 23-24.

2 F. Costa, Testimonianza a una vita esemplare, in Emilio Guano. Uomo della Parola, cit., pp. 9-10.

3 G.B. Varnier, Don Guano nella tradizione religiosa di Genova, in AA. VV., Emilio Guano.

Coscienza/Libertà/Responsabilità, Edizioni Studium, Roma, 1998, pp. 63-67.

4 L. Rolandi, Emilio Guano. Religione e cultura nella Chiesa italiana del Novecento, Rubbettino Editore, Catanzaro, 2001, pp. 36-40.

5 D. Veneruso, Azione pastorale e vita religiosa del laicato genovese durante l’episcopato del cardinale Carlo Dalmazio Minoretti (1925-1938), Società Ligure di Storia Patria,Biblioteca digitale, 2012, pp. 27-28: «si punta sull’Azione Cattolica, forma cittadina diorganizzazione e di apostolato laicale, emarginando progressivamente le antiche confraternite,espressione di una pietà popolare e campagnola; si moltiplicano i contatti con lacultura laica per selezionare una presenza cattolica capace di incidere efficacementesulla modernità».

6 L. Rolandi, Emilio Guano. Religione e cultura nella Chiesa italiana del Novecento, cit., p. 59.

7 Scopi, spirito e metodo della Fuci, «Ricerca», 15 ottobre 1949.

8 La Fuci e l’università, «Azione Fucina», 22 ottobre 1939, in Emilio Guano. Coscienza/Libertà/Responsabilità, cit., p. 83.

9 Il senso della Chiesa, «Ricerca», 1 novembre 1954.

10 G. Guano, Funzione di maestri, in a cura di G. Tavallini, Cultura e responsabilità. Lettere a docenti (1946-1963), Edizioni Studium, Roma , 1981, p. 43.

11 Per fare solo qualche esempio: La lettura della Bibbia, «Azione Fucina», 8 marzo 1836;

“Il libro” eterno: la Bibbia, «Ricerca», 1 maggio 1950; Come leggere il libro sacro, «Ricerca», 15 luglio 1950.

12 Lettera di Mons. G.B. Montini a Guano, 24 aprile 1935, in Fondo Guano in Archivio Paolo VI di Roma, cart. 4, fasc. 1, in L. Rolandi, cit., p. 73.

13 AA. V.V., Emilio Guano. Uomo della Parola, Edizioni Studium, Roma, 1977, pp. 215-216.

14 A.A. V.V., Don Guano. Vescovo Teologo, Edizioni Studium, Roma, 1992, pp. 15-23.

15 L. Rolandi, cit., pp. 255-283.

16 L. Vivaldo, Guano operaio silenzioso del Concilio, in L. ROLANDI, cit., p. 283.

17 Dall’omelia del card. Michele Pellegrino ai funerali di Mons. Guano.