Di recente, a Roma è stata rilanciata la proposta di istituire un Ministero della Pace, sostenuta da un ampio partenariato sociale. L’obiettivo è colmare un vuoto strutturale nelle politiche italiane, coordinando le iniziative di pace e prevenzione dei conflitti. Questo ministero concretizzerebbe il principio dell’articolo 11 della Costituzione italiana, che impone alla Repubblica il ripudio della guerra e promuove la giustizia e la pace internazionale.
Il 24 giugno scorso, presso la Domus Mariae a Roma, si è svolto un convegno volto a discutere la proposta di istituire un Ministero della Pace. L’iniziativa, promossa da un ampio partenariato sociale che comprende l’Azione Cattolica Italiana, la Fondazione Vaticana Fratelli tutti, la Comunità Papa Giovanni XXIII, le ACLI e oltre venti organizzazioni aderenti alla campagna «Ministero della Pace: una scelta di Governo », ha rappresentato un momento di rilancio di una richiesta che da anni anima il dibattito civile.
L’obiettivo dell’incontro non si è limitato alla riaffermazione simbolica della proposta di istituire un Ministero della Pace, ma ha mirato a definire in modo concreto le competenze e le politiche che un simile dicastero dovrebbe assumere. La presenza di esperti e dirigenti di ministeri già impegnati in ambiti affini ha confermato l’esigenza di coordinare le azioni per la pace in maniera organica ed efficace.
Contrariamente a quanto sostenuto dai detrattori, che considerano l’iniziativa utopistica e foriera di costi eccessivi, la proposta non si riduce a un gesto solamente simbolico. Essa risponde, invece, a un vuoto strutturale nelle politiche pubbliche italiane: la mancanza di un coordinamento ministeriale delle iniziative relative alla promozione della pace e alla prevenzione dei conflitti.
L’istituzione di un ministero dedicato consentirebbe di tradurre in azione concreta il principio costituzionale sancito dall’art. 11 della Costituzione italiana, trasformando la pace da ideale astratto a criterio guida dell’azione politica e sociale. Le funzioni del Ministero che si propone di istituire sarebbero le seguenti: 1. educazione e istruzione alla nonviolenza; 2. politiche territoriali di pace, al fine di adottare strumenti di mediazione e prevenzione dei conflitti sociali e ambientali; 3. disarmo, per la promozione di azioni e di attività di monitoraggio per la riconversione civile dell’industria bellica; 4. difesa civile non armata e nonviolenta; 5. diritti umani ed economia di condivisione, mediante la promozione di una cooperazione internazionale equa e sostenibile.
Le radici costituzionali di un progetto positivo di pacificazione
Per comprendere la portata di questa proposta, è fondamentale riscoprirne le radici costituzionali. Come affermava Giuseppe Dossetti, la Repubblica non deve limitarsi a proclamare diritti, ma deve impegnarsi attivamente nella costruzione di una “democrazia sostanziale”, capace di rimuovere gli ostacoli allo sviluppo integrale della persona. Tale prospettiva si proietta anche sul piano internazionale, delineando una vocazione pacifista che trova espressione compiuta nell’art. 11 della Costituzione.
Questo articolo non solo ripudia la guerra come strumento di offesa, ma vincola l’Italia a perseguire un ordinamento internazionale fondato sulla giustizia e sulla pace, accettando anche limitazioni di sovranità a tal fine. In quest’ottica, l’istituzione di un Ministero della Pace rappresenta uno strumento indispensabile per dare effettività a un principio che, lungi dall’essere meramente programmatico, è direttiva vincolante per l’azione della Repubblica.
Tre ragioni fondamentali per istituire un Ministero della Pace
Le ragioni che supportano la necessità di un Ministero della Pace sono molteplici e profondamente radicate sia nel dettato costituzionale che nell’attuale scenario internazionale.
L’articolo 11 della Costituzione non si limita a ripudiare la guerra; esso esige la creazione delle condizioni necessarie affinché la guerra sia costantemente scongiurata e si possa instaurare un ordinamento fondato sulla giustizia e su relazioni pacifiche tra i popoli. Questo ambizioso progetto trasformativo non può rimanere senza una sede istituzionale chiara e definita. L’istituzione di un ministero ad hoc implicherebbe un impegno politico diretto e responsabile del Governo nell’attuazione di programmi di pace. Ciò, a sua volta, fornirebbe al Parlamento strumenti di indirizzo e controllo, portando il tema della pace al centro del dibattito politico e consentendo ai cittadini di vagliare le politiche in materia, cruciali per la democrazia e per il posizionamento internazionale dell’Italia.
La pace non è solo l’assenza di guerra, ma la capacità di gestire i conflitti senza che degenerino in violenza e di creare le condizioni di giustizia che prevengano nuove ostilità. Se questo è il disegno di pacificazione della nostra Costituzione, l’attuale organizzazione ministeriale si rivela insufficiente. Attualmente, le competenze relative alla pace sono frammentate tra diversi ministeri, senza una visione unitaria. La cooperazione internazionale, il dialogo bilaterale e multilaterale, la promozione dei diritti umani, la difesa civile non armata e non violenta, le politiche di disarmo, l’educazione alla nonviolenza: sono tutti pezzi di un puzzle istituzionale che è diviso tra i dicasteri attualmente competenti (Esteri, Difesa, Interni, Istruzione, ecc.). Un Ministero della Pace potrebbe fornire il coordinamento necessario per politiche più incisive e coerenti, allineando gli sforzi nazionali con gli obiettivi di pace globale promossi anche dalle Nazioni Unite.
Promuovere e coordinare la vitalità sociale
L’Italia vanta un’incredibile ricchezza di iniziative di pace promosse da migliaia di organizzazioni non governative, associazioni di volontariato e istituti di ricerca. Centinaia di progetti, spesso riconosciuti a livello internazionale, hanno già attuato concretamente il progetto costituzionale di pacificazione, operando in contesti difficili, dalla mediazione dei conflitti alla promozione dello sviluppo sostenibile. In una logica di sussidiarietà, è fondamentale che la Repubblica non solo sostenga, ma anche promuova e coordini questa vitalità sociale. L’istituzione di un Ministero della 85 3/2025 Andrea Michieli Pace renderebbe visibile e coordinato l’impegno di queste realtà, creando un ecosistema virtuoso tra istituzioni pubbliche e private. Promuovere la pace, infatti, significa organizzarla, renderla trasparente nelle sue attività, dotare di risorse stabili i progetti di pacificazione e creare un punto di riferimento per chi opera quotidianamente per un mondo più giusto.
Non solo una proposta simbolica, ma un’esigenza costituzionale
La pace è un progetto di democrazia che necessita di un luogo istituzionale deputato al suo perseguimento. È un progetto delicato che richiede cura, coordinamento e un investimento costante, sia in termini economici che di risorse umane. Di fronte alle attuali e gravi violazioni del diritto internazionale e di quello umanitario, ai conflitti che insanguinano diverse aree del mondo (basti pensare all’Ucraina, al Medio Oriente o alle crisi in Africa Sub-Sahariana), il consolidamento di politiche di pace diventa non solo ineludibile, ma improcrastinabile.
In questo senso, la proposta di istituire un Ministero della Pace non è solo un gesto simbolico. Tale dicastero rappresenterebbe un segnale forte, sia a livello nazionale che internazionale, del concreto impegno dell’Italia per un futuro fondato sulla giustizia, sul dialogo e sulla cooperazione, trasformando la vocazione pacifista della Costituzione in una strategia concreta e operativa.
Il prossimo passo della Campagna sarà quello di rinnovare l’appello alle istituzioni governative e parlamentari per attuare la proposta. Inoltre, come è emerso durante il convegno dello scorso giugno, desideriamo avviare immediatamente forme concrete di coordinamento tra i diversi ministeri e la società civile, al fine di avanzare di fatto nella direzione di un’istituzione che speriamo possa essere presto riconosciuta anche di diritto.