Il 19 marzo 2022 è stata pubblicata la costituzione apostolica Praedicate Evangelium, che riforma la Curia romana. Si tratta di un documento importante perché tocca l’istituzione più immediatamente a servizio del papa, nell’esercizio del suo ruolo di unità di tutta quanta la Chiesa.
Nel presente articolo non toccheremo gli aspetti giuridici e funzionali della costituzione, bensì ne esamineremo alcuni aspetti teologico-pastorali. Pertanto, il lettore non si aspetti un commento globale né puntuale del documento; piuttosto troverà una messa a fuoco di alcuni problemi pastorali. Limitatamente allo spazio a nostra disposizione, sceglieremo solo alcuni numeri della costituzione.
Vale la pena, innanzitutto, cominciare dal titolo dell’intero documento: Praedicate Evangelium. Può sembrare strano, per un testo giuridico che mira alla riorganizzazione della Curia romana, apporre un titolo – mi si lasci dire – così “pomposo”. Qualcuno forse avrebbe gradito una dicitura più mirata allo scopo del documento stesso. Tuttavia questa scelta, confermata poi dal testo dell’intero Preambolo (capitolo I), risulta opportuna, perché dice con chiarezza la finalità propria della Curia romana, la quale, attraverso il suo essere istituzione, vuole servire non solo alcune strutture della Chiesa o, peggio, se stessa, quanto piuttosto l’Evangelo. Questa notazione è estremamente importante perché, dal punto di vista teologico, il termine Evangelium rinvia non tanto a uno dei quattro Vangeli scritti, quanto all’evento Gesù Cristo, che nei Vangeli – ma più ampiamente in tutti gli scritti del Nuovo Testamento – è testimoniato, annunciato e riflesso secondo le diverse teologie presenti in quei testi ispirati. La centratura sull’evento Cristo risulta allora fondamentale, perché ricorda a tutta la Chiesa che la questione di fondo rimane sempre legata alla figura di Gesù di Nazareth, il Cristo risorto dai morti, più che alle dottrine e alle strutture, le une e le altre semper reformandae.
Accanto a questa centratura cristologica, nel Preambolo vengono messi in evidenzia i termini-chiave delle linee pastorali di papa Francesco: conversione missionaria, nella logica del cammino di evangelizzazione che tutta la Chiesa sta compiendo nel dopo Concilio, e comunione di tutti gli uomini con il Figlio, nella quale consiste la vita di comunione della Chiesa e che assume il volto della sinodalità. All’interno di questo grande alveo, ogni cristiano è un “discepolo missionario”, che sa che l’evangelizzazione si deve per forza e intimamente coniugare con la misericordia. Pertanto, come recita il n. 11 del preambolo, «la riforma della Curia romana sarà reale e possibile se germoglierà da una riforma interiore, con la quale facciamo nostro “il paradigma della spiritualità del Concilio”, espressa dall’“antica storia del Buon Samaritano”».
Diventa chiara, in questo modo, la conseguenza che il nostro documento trae al n. 12 dello stesso Preambolo, citando un saluto che papa Francesco rivolse ai cardinali in occasione del concistoro del 12 febbraio 2015: «la riforma non è fine a stessa, ma un mezzo per dare una forte testimonianza cristiana, per favorire una più efficace evangelizzazione; per promuovere un più fecondo spirito ecumenico; per incoraggiare un dialogo costruttivo con tutti».
Principi e criteri per il servizio della Curia romana
Nel capitolo II, Principi e criteri per il servizio della Curia romana, sono svolte alcune indicazioni importanti. Infatti, vengono chiarite le idee fondamentali sull’identità della Curia romana.
Il principio che sta alla base di tutti gli altri è che la Curia romana è un’istituzione non ad esclusivo servizio del papa, ma anche della missione dei vescovi (artt. 1 e 3). Ciò che è fatto risaltare, dal punto di vista teologico, è l’inscindibile connessione comunionale dell’intero episcopato cattolico con il papa, una connessione che è principio di unità e a servizio della stessa comunione.
Si comprendono così due principi consequenziali a quanto già detto:
a) vi è una profonda corresponsabilità dei vescovi nella communio ecclesiale, che può e deve permettere, di conseguenza, una vera decentralizzazione di tanti problemi e iniziative;
b) la Curia romana si pone a «sostegno delle Chiese particolari e alle loro Conferenze episcopali e Strutture gerarchiche orientali».
Si tratta di principi molto importanti che, se messi veramente ed efficacemente in atto, possono preludere a una sana creatività pastorale, profondamente legata alla teologia della Chiesa locale e alla communio Ecclesiarum. Dunque non più Roma, da una parte, come sede unica da cui partono gli input, e le Chiese locali, dall’altra, come terminali periferiche, quanto piuttosto, una fedeltà delle singole Chiese locali, come anche delle Conferenze episcopali, ai territori in cui sono inculturate. E questo è il principio di fondo di ogni autentica creatività pastorale.
Ancora nel capitolo II, va notato il principio n. 5, per il quale, in forza della «indole vicaria della Curia romana», «ogni Istituzione curiale compie la propria missione in virtù della potestà ricevuta dal romano Pontefice in nome del quale opera con potestà vicaria nell’esercizio del suo munus primaziale. Per tale ragione qualunque fedele può presiedere un dicastero o un Organismo, attesa la peculiare competenza, potestà di governo e funzione di quest’ultimi». Si tratta di un principio importante, che declericalizza anche le funzioni apicali, riconoscendo il valore del sacerdozio comune dei fedeli. Dispiace però che questo principio ecclesiologico non sia stato messo esplicitamente in luce e che il tutto resti fondato sulla potestà del romano pontefice.
Per la nostra lettura pastorale della costituzione Praedicate Evangelium assume grande importanza la disamina di quanto detto nel capitolo V, a proposito del Dicastero per l’evangelizzazione.
Questo Dicastero viene presieduto dal papa ed è diviso in due sezioni, che hanno come responsabili due pro-prefetti. Le due sezioni del Dicastero si occupano rispettivamente (art. 53): a) di «questioni fondamentali dell’evangelizzazione nel mondo»; e b) de «la prima evangelizzazione e le nuove Chiese particolari nei territori di sua competenza». Vengono così accorpati, seppure distinti nelle due singole sezioni, il Pontificio Consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione e Propaganda fide, ma anche altri organismi pontifici che si occupano della missione.