L’istituzione delle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica (DM n. 183 del 7.9.2024) con cui si sostituiscono integralmente quelle precedenti (legge 20 agosto 2019, n. 92), ha suscitato un interessante dibattito sull’esercizio della democrazia e sulle priorità indicate dalla Costituzione.
Riflessioni in margine alle nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica
Il Decreto ministeriale n. 183 del 7.9.2024 istituisce le nuove Linee guida per l’insegnamento dell’educazione civica sostituendo integralmente quelle precedenti (legge 20 ago sto 2019, n. 92). Il parere contrario espresso dal Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione (CSPI) e le reazioni del mondo della scuola hanno dato origine a un interessante dibatti to, tuttora in corso, che sollecita in primo luogo a riflettere sullo stile del confronto tra il Ministro dell’Istruzione e il CSPI. Sebbene i pareri espressi dal Consiglio non abbiano valore vincolante, sorprende non poco il “dialogo mancato”. Il Consiglio Superiore, infatti, aveva ritenuto di non poter esprimere parere favorevole sulle Linee guida invitando l’Amministrazione a rivederle alla luce delle argomentazioni proposte, ma l’Amministra zione si è limitata ad accogliere solo alcune richieste relative ai traguardi di competenze e agli obiettivi di apprendimento. La maggior parte delle osservazioni non sono state accolte, in alcuni casi in nome della fedeltà alla Costituzione. Si pensi, ad esempio, alle riflessioni critiche espresse dal CSPI in riferimento all’insistenza sul «valore dell’impresa e dell’iniziativa economica privata», sull’«appartenenza ad una comunità, locale o nazionale», sul concetto di Patria, sulla produzione delle eccellenze produttive che costituiscono il “Made in Italy” e sull’importanza della proprietà privata. Ricordando il celebre discorso del 1955 rivolto da Piero Calamandrei agli studenti milanesi, ci si accorge di quanto sia importante l’esercizio effettivo della democrazia perché «la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare»1.
Esercizio di democrazia e prassi argomentativa: ancora un’utopia?
Due rapide osservazioni in merito. La prima: se nel decreto che istituisce le Nuove linee guida per l’educazione civica si riscontra la non accoglienza della maggior parte delle osservazioni del CSPI, ci si chiede se non si dia cattiva testimonianza di democrazia. Fa parte dell’esercizio della prassi argomentativa in democrazia – come sostiene Jürgen Habermas2 – che le ragioni dell’interlocutore, per quanto diverse dalle proprie, siano ascoltate e considerate con la massima serietà anche quando non sia possibile accoglierle. La seconda osservazione: l’iniziativa privata e il concetto di Patria senza dubbio possono essere messe in relazione con la Costituzio ne. Così anche il cosmopolitismo, la solidarietà, l’inclusione, il ripudio della guerra... che però non hanno ricevuto la medesima attenzione.
Priorità dello sviluppo economico: sviluppo per chi? A quali condizioni?
Si resta a dir poco sorpresi quando tra gli obiettivi proposti si legge: «Conoscere le condizioni della crescita economica. Comprenderne l’importanza per il miglioramento della qualità della vita e ai fini della lotta alla povertà». Ma a che gioco giochiamo? In quale mondo la crescita economica è stata finalizzata alla lotta alla povertà? Perché non avviare una riflessione critica sui modelli attualmente esistenti di sviluppo economico? Ed ancora, tra gli obiettivi: «Applicare nell’esperienza concreta, nella gestione delle proprie risorse, i concetti di guadagno/ricavo, spesa, risparmio, investimento. Conoscere il valore della proprietà privata». Peccato che non compaia nessun riferimento ad altri modelli di sviluppo economico e di gestione delle risorse, quali ad esempio il micro credito3 o la decrescita felice che forse sarebbero ben più credibili per l’impegno nella lotta alla povertà4.
Probabilmente le osservazioni del CSPI sottintendevano una do manda: perché queste priorità e non altre? Perché farsi scudo della Costituzione in modo piuttosto strumentale? Perché traspare ben poco dello spirito di quel discorso di Piero Calamandrei? «In questa Costituzione – sostiene con impeto Calamandrei – c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane...»5. Con molta chiarezza il discorso fa riferimento all’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale; al ripudio della guerra come strumento di offesa; al ruolo della patria italiana in mezzo alle altre patrie; all’abolizione della pena di morte...
Flessibilità o rigidità?
Con le precedenti Linee guida del 2019 si stabiliva che per gli anni scolastici 2020/21, 2021/22 e 2022/23 le istituzioni scolastiche definissero il curriculum di educazione civica avvalendosi di specifiche azioni formative e di supporto ai dirigenti scolastici e ai docenti. Il Ministero, poi, si impegnava in un’azione di monitoraggio delle attività svolte dalle istituzioni scolastiche e in un intervento di integrazione entro l’anno scolastico 2022/23. Fin qui il precedente intervento legislativo consentiva di apprezzare una procedura sostanzialmente democratica, tesa a valorizzare l’apporto delle istituzioni scolastiche e la loro sperimentazione sul campo. La flessibilità delle Linee guida del 2019, inoltre, con sentiva un ampio respiro e dava credito alla capacità progettuale dei docenti. Ai tre nuclei concettuali – Costituzione, Sviluppo sostenibile e Cittadinanza digitale, veri e propri pilastri della legge – potevano essere ricondotte tutte le diverse tematiche. Insomma, non un «contenitore rigido» ma una «indicazione funzionale ad un più agevole raccordo tra le discipline e le esperienze di cittadinanza attiva». Ora ci si chiede quanto le nuove Linee guida, pur avendo confermato i tre nuclei concettuali fondamentali, abbiano effettivamente fatto tesoro dell’esperienza del triennio precedente e quanto abbiano valorizzato l’autonomia progettuale delle singole istituzioni scolastiche. Sia le precedenti che le attuali Linee guida insistono sulla trasversalità dell’insegnamento dell’educazione civica, vero e proprio fiore all’occhiello di entrambi gli interventi legislativi, sensibili alle sfide poste dal tempo della complessità6.
Ma a tale proposito emergono altri aspetti critici. Più che una disciplina (a cui sono assegnate non meno di 33 ore annue nelle scuole di ogni ordine e grado), l’educazione civica costituisce la quintessenza di tutta l’azione formativa della scuola, motivo per il quale è assegnata all’intero consiglio di classe, deputato ad esplicitare la connessione con gli specifici contenuti disciplinari. Chi lavora nel mondo della scuola, però, sa benissimo che non basta teorizzare la trasversalità perché questa diventi realtà. Di fatto le occasioni per sperimentare approcci interdisciplinari (che dovrebbero avvalersi di esperienze laboratoriali con la compresenza di più docenti) sono molto difficili da realizzare: per mancanza di tempo, per mancanza di risorse finanziarie, talvolta anche per il prevalere di una logica strettamente disciplinare che è restia all’in novazione. La meticolosa indicazione di competenze e di obiettivi che caratterizza le nuove Linee guida non giova affatto al superamento di queste difficoltà, anzi per certi aspetti le accentua. A questo si aggiunga che nella scuola secondaria di secondo grado, laddove sia presente un docente di discipline giuridico-economiche, diventa coordinatore dell’insegnamento dell’educazione civica che però deve conservare il carattere trasversale... La compresenza di docenti di altre discipline viene di fatto annullata in nome della priorità di sostituire eventuali colleghi assenti. Contitolarità? Compresenza? Esperienze laboratoriali cogestite? Siamo purtroppo molto lontani dalla effettiva realizzabilità di questo stile di insegnamento, con il rischio che prevalga un taglio giuri dico-economico, per giunta poco incline alla problematizzazione degli attuali modelli di sviluppo.
Vigilare sulla Costituzione: un impegno inderogabile
Nessuna delle precedenti osservazioni critiche intende sminuire l’importanza dell’insegnamento dell’educazione civica. Anzi, a partire dalle perplessità espresse, si conferma l’inderogabile impegno dei docenti per un’educazione alla cittadinanza che sia realmente democratica. Ancora una volta, pur tra i limiti segnalati e tra le nuove restrizioni individuate, ai docenti è affidato l’arduo compito di “guardiani della Costituzione” che non cedono alla tentazione di ridurla a carta morta: «La Costituzione – per citare ancora Calamandrei – non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità»7.
Note
2 Riflettendo sulle condizioni normativamente esigenti della prassi argomentativa, Haber mas indica quattro premesse che – benché idealizzanti – esprimono la linfa vitale di ogni democrazia: la natura pubblica e la completa inclusione di tutti gli interessati; l’eguale distribuzione dei diritti di comunicazione; la non-violenza di una situazione che fa agire soltanto la coazione non coatta dell’argomento migliore; la sincerità delle enunciazioni di tutti gli interessati (cfr. J. Habermas, Verità e giustificazione. Saggi filosofici, Laterza, Roma-Bari 2001, p. 43).
3 Si consideri, ad esempio, M. Yunus, Il banchiere dei poveri, Feltrinelli, Milano 1998. Si ricordi che Yunus è stato insignito del premio Nobel per la pace 2006.
4 Cfr. S. Latouche, Breve trattato sulla decrescita felice e Come sopravvivere allo sviluppo, Bollati Boringhieri, Torino 2015.
6 Cfr. M. Ceruti, Il tempo della complessità, Raffaello Cortina Editore, Milano 2018.