Per Madeleine Delbrêl il cristiano deve vivere in uno stato di perenne missione. La gioia del Vangelo chiede di essere condivisa anche nei contesti più sfidanti e la vera evangelizzazione non solo trasforma chi ascolta, ma anche chi annuncia. “Possiamo star dritti solo avanzando, muovendoci in uno slancio di carità”: è quella che lei chiama la “spiritualità della bicicletta”.
“Non abbiamo il diritto di tenere la Parola di Dio per noi”
«Una volta che abbiamo conosciuto la parola di Dio, non abbiamo diritto di non riceverla; una volta ricevuta non abbiamo diritto di non lasciare che si incarni in noi, una volta incarnata in noi non abbiamo diritto di tenerla per noi: da quel momento apparteniamo a coloro che la attendono».
Con queste parole di Madeleine Delbrêl, papa Francesco ha aperto la sua catechesi di mercoledì 8 novembre 2023 a lei dedicata. La venerabile serva di Dio Madeleine Delbrêl, nata nel 1904 e morta nel 1964 in pieno Concilio, anticipatrice di tante intuizioni conciliari, fu assistente sociale, scrittrice e mistica, e visse per più di trent’anni nella periferia povera e operaia di Parigi, a Ivry-sur-Seine.
Questa coscienza di non avere il diritto di tenere solo per sé la parola di Dio, si radicava nella Delbrêl nella gioia incontenibile della fede, sbocciata in lei grazie al suo incontro con Dio a circa vent’anni. Infatti, dopo un’adolescenza e una prima giovinezza segnata da un convinto agnosticismo, aveva incontrato giovani amici credenti e, frequentandoli, colpita profondamente dal realismo e dalla naturalezza con cui vivevano la fede, si era sentita spinta a modificare la sua posizione sulla questione di Dio: se voleva essere intellettualmente onesta, non poteva più escluderne razionalmente l’esistenza, e per questo cominciò a pensare a Lui ogni giorno qualche minuto e poi a rivolgersi a Lui, dando voce a quella sete profonda che sentiva dentro di sé. Dopo mesi di questa ricerca, Madeleine comprese che quel «vuoto che gridava in lei la sua angoscia» era Dio che la cercava, e scrive: «leggendo e riflettendo ho trovato Dio, ma pregando ho compreso che era Lui che mi aveva trovata».
È il suo incontro con Dio, avvenuto il 29 marzo 1924, che lei definisce un incontro abbagliante. Da quel momento Dio ha preso tutto l’orizzonte della sua vita, e in lei poco alla volta è maturata l’intuizione di una vita interamente donata a Dio nel cuore della Chiesa e in pieno mondo, senza specializzazioni apostoliche o caritative, ma condividendo fraternamente la vita della “gente delle strade”, cioè quella di tutti, vivendo ogni circostanza come un appello a unirsi a Dio che eternamente si dona per donarsi in Lui a tutti.
Madeleine Delbrêl, rivolgendosi poeticamente al Signore Gesù, scrive: «“Andate...”, ci dici a tutti i tornanti del Vangelo. Per essere con Te sulla Tua strada, occorre andare, anche quando la nostra pigrizia ci supplica di restare. Tu ci hai scelti per stare in uno strano equilibrio, un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi solo in movimento, solo in uno slancio. Un po’ come una bicicletta, che non si regge senza girare […]. Possiamo star dritti solo avanzando, muovendoci, in uno slancio di carità». È quella che lei chiama la “spiritualità della bicicletta”!
“Bruciati insopportabilmente dal grido dei poveri e dei non credenti”
In questo andare, con il cuore costantemente in uscita, Madeleine si sente interpellata soprattutto dal grido dei poveri e dei non credenti. Anticipando, e poi condividendo, il grande rinnovamento missionario della Chiesa francese degli anni ’40 del secolo scorso, avverte acutamente la necessità di un risveglio della coscienza missionaria in tutte le membra del Corpo di Cristo, e in un testo che dedica a santa Teresa di Gesù Bambino intitolato Missionari senza barche scrive: «la Chiesa, in cammino da duemila anni attraverso il mondo e attraverso i mondi, si meraviglia di sentire il proprio cammino così pesante, per il peso dei cristiani che non partono. Eppure non abbiamo il diritto di scegliere fra partire o restare. Noi siamo inseriti nell’eterna missione della Chiesa. […] ignoriamo che siamo imbarcati sul più grande vascello del mondo: la Nave Chiesa. […] invece noi, seduti in circolo nel fondo della stiva, continuiamo a discutere di quel che succede nei nostri due metri quadrati».
Madeleine Delbrêl si interroga su questa mancanza di slancio missionario in tanti cristiani, e le sembra che questo derivi anche dal fatto che molti tendono a vivere la fede non come un dono sorprendente e gratuito, ma come un dato ereditario e quindi come qualcosa di scontato, senza più coglierne la novità letteralmente inaudita, senza assaporarne la gioia e quindi senza avere il minimo sospetto del dramma esistenziale vissuto dai non credenti. Scrive: «per chi non crede è la vita stessa che è colpita a morte. Ogni cosa che egli esalta nel suo presente, è condannata a morte nel suo divenire. Ogni cosa strappata a Dio è votata alla morte. Il sostegno nell’essere sprofonda all’interno di ogni essere vivente. […] tutto è invaso dal nulla e dall’assurdo». Chi invece, come lei, è passato dall’ateismo alla fede «lui sì [scrive Madeleine] ha coscienza di queste differenze. La sua conversione segna nella sua vita un “prima” e un “dopo”, perché è passato dalla morte alla vita, perché tutto quello che costituiva un tempo la sua vita è stato come strappato alla morte». Per cui aggiunge: «Se noi prendiamo coscienza di questo stato di infelicità nel non credente, oseremo dedurre da quello che egli dice, da quello che fa e da quello che cerca, che per lui la Buona Notizia evangelica è inutile? […] O piuttosto il Dio vivente del Vangelo non ci brucerà insopportabilmente fintanto che non avremo gridato il suo nome ad alta voce, tra gli uomini disperati senza saperlo? Se si volteranno sentendoci chiamare Dio, ciò potrà costituire per loro l’inizio della sola buona Notizia».
“Una Chiesa calamitata dalle estremità della terra”
Vediamo come la passione evangelizzatrice “bruci insopportabilmente” il cuore di Madeleine, perché sente con dolore la grande infelicità di chi non crede, ma ancor di più, da vera innamorata di Dio, perché Madeleine avverte che è Dio stesso che desidera essere amato: «Capire che Dio ha desiderio di tutto questo amore, dell’amore di tutti gli uomini che sono nati, che nascono o che nasceranno: è questo che fa i Missionari. […] “L’amore non è amato”, gridano i missionari di tutti i tempi e di tutti i tipi. Li consola pochissimo avere qualche briciolo d’amore per Dio nel cuore, se moltitudini intere restano fredde davanti a “questa cosa tanto buona che non ve ne può essere una migliore”».
Ecco allora l’invito di Madeleine Delbrêl a consegnarsi allo slancio d’amore dello Spirito Santo: «l’“Eterno Missionario”, che è lo Spirito Santo, si fa strada in mezzo a noi […] e spira nei cuori la speranza di una salvezza universale. Lasciamoci ammaestrare da lui. Impariamo che il Signore viene in noi come su di una strada che lo conduce ad altri. Impariamo che ricevere il Signore veramente, significa trasmetterlo. […] Impariamo che non vi sono due amori: chi stringe Dio, fra le braccia deve aver posto per il mondo; chi riceve il peso di Dio nel cuore, vi riceve il peso del mondo».
Per Madeleine Delbrêl in questa disponibilità alla missione è in gioco la natura stessa della Chiesa. Scrive: «La Chiesa è per natura calamitata dalle estremità della terra […] e non potrebbe distogliersene senza snaturarsi». Quindi «per il fatto che siamo nella Chiesa, siamo gente pressata in essa, pressata come lei. Come lei, a causa del mondo, noi siamo in stato di urgenza. Tutto ciò che facesse di noi dei ragionatori, degli amanti della introspezione, dei problematizzatori cronici ci distoglierebbe da questa urgenza». E continua Madeleine: «Gesù Cristo, che rimane in noi, abita in mezzo a noi. Vi abita singolarmente sotto le apparenze di chi è nudo, affamato, prigioniero, straniero, senza casa. […] La Chiesa deve essere là dove è Lui. […] Sempre “orientata”, ma continuamente “dirottata” dagli itinerari logici a causa degli esodi del popolo dei poveri e dei sussulti del mondo».
“Dal momento che abbiamo conosciuto la parola di Dio apparteniamo a coloro che la attendono”
La sua passione per il Vangelo spinge Madeleine a fare proprio un duplice grido «guai a me se non evangelizzo» (1Cor 9,16), ma anche: «guai a me se evangelizzare non mi evangelizza». Questo significa che per lei l’opera evangelizzatrice è autentica solo a condizione che chi evangelizza si lasci contemporaneamente trasformare dalla Parola di Dio che annuncia.
E questo nella spiritualità della Delbrêl ha molteplici ricadute sia in termini personali che in termini ecclesiali. Innanzitutto la consapevolezza che, «una volta che abbiamo conosciuto la parola di Dio, non abbiamo diritto di tenerla per noi», ma «da quel momento apparteniamo a coloro che la attendono»: il cristiano sa di essere in debito verso chi non crede non solo della Parola, ma della sua stessa esistenza trasformata dalla Parola, e questa Parola, per essere trasmessa, chiede all’evangelizzatore di uscire da se stesso con una vera prossimità verso tutti, secondo lo stile stesso di Gesù, come qualcuno a cui sta a cuore la vita di ogni persona ed è pronto a condividerne il destino.
Per Madeleine poi chi evangelizza deve sapere che, solo abitati da questo senso di appartenenza a chi attende ancora il Vangelo, la Parola di Dio può rivelarsi pienamente: «l’acustica che la Parola del Signore esige da noi è il nostro “oggi”: le circostanze della nostra vita quotidiana e le necessità del nostro prossimo, gli avvenimenti dell’attualità e le istanze evangeliche che esigono da noi sempre le stesse risposte ma in una forma ogni giorno rinnovata. Noi non possiamo, da soli, discernere nella Parola del Signore ciò che egli vuole da noi oggi. Il nostro apporto è di ascoltare oggi, per gli uomini che vivono oggi, per il nostro prossimo d’oggi, e di pregare per vedere e sapere. Che noi vediamo e sappiamo è l’opera dello Spirito Santo».
L’impegno a una autentica condivisione di vita è dunque indispensabile per Madeleine Delbrêl anche per comprendere la Parola di Dio, e tale condivisione, nella misura in cui si fa bontà sincera e gratuita come quella di Gesù, che non rinchiude le persone in categorie, ma le restituisce a se stesse e alla propria dignità, ha il potere di ossigenare il cuore e aprirlo al mistero di Dio. Scrive: «Il cuore degli uomini del nostro tempo è reso lentamente, subdolamente asfittico da un’assenza universale: quella della bontà. Così l’incontro con una persona realmente buona produce [...] un autentico fenomeno di ossigenazione del cuore. Queste persone comprendono che è reso loro qualcosa di essenziale alla loro vita umana. La bontà è veramente la traduzione del mistero della carità».
“I due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e non facciano che uno”
Per Madeleine Delbrêl, però, per evangelizzare non basta la sola condivisione di vita: «condividere la mentalità e la sensibilità di un ambiente […], condividere le sue aspirazioni e i suoi rifiuti, anche se li rettifichiamo, e li depuriamo, costituisce, se è la nostra sola testimonianza, una contro-testimonianza della nostra missione. Non dobbiamo mai consentire che si stabilisca un equivoco sul fatto che Dio, per noi, è il solo bene assoluto e grazie al quale gli altri beni sono buoni perché provengono da Lui. Ma questo Dio, questo bene che diciamo assoluto, non si presenterà come una “ipotesi verosimile” che a condizione di prendere sul serio, come provenienti da Lui, i beni reali che gli uomini desiderano e il male reale che è per gli uomini la privazione di questi beni. Senza riferimento a Dio la nostra testimonianza è una contro-testimonianza; senza bontà realista e smisurata fino alla carità, è come se non ci fosse testimonianza, perché è fuori dalla portata degli occhi, delle orecchie, delle mani, del cuore degli uomini. Nei due casi e in modo opposto, ma equivalente, c’è rottura con l’insieme della testimonianza evangelica». La testimonianza cristiana domanda che «i due grandi comandamenti della carità si incarnino in noi e non facciano che uno».
“Guai a me se evangelizzare non mi evangelizza”
Per Madeleine Delbrêl, poi, l’opera evangelizzatrice non è mai a senso unico, in quanto lo Spirito soffia dove vuole e quindi «tutti gli esseri che incontriamo hanno qualcosa da donarci e ciascuno di loro ha qualcosa da ricevere da noi», perché «è Gesù che dappertutto attende. E in noi è Gesù che cammina». Il cristiano che evangelizza quindi, in forza di questa costante compagnia con il Signore e di questo sguardo in profondità, deve essere sempre pronto a lasciarsi modificare e arricchire da ogni incontro. Scrive Madeleine: «è nelle relazioni normali con il nostro prossimo, chiunque esso sia, che troviamo le circostanze normali per consolidarci e svilupparci nella fede».
In piena coerenza con queste affermazioni e alla luce della sua pluridecennale esperienza nella periferia operaia e marxista parigina, Madeleine Delbrêl matura la convinzione che, per quanto paradossale possa sembrare, gli ambienti atei o secolarizzati contemporanei, in cui il cristiano è chiamato a vivere oggi, non sono «un luogo del tutto negativo in cui delle tentazioni tendono delle imboscate alla fede, ma una terra di conversione in cui Dio ha previsto delle prove che, scelte da Lui, riconosciute da noi, faranno della nostra fede, proprio là dove deve lottare, la fede sana e vigorosa che Gesù Cristo ci ha donato». Il «guai a me se evangelizzare non mi evangelizza» signif ica quindi per Madeleine Delbrêl riconoscere che le prove, anche quelle dovute ad ambienti ostili o semplicemente refrattari al Vangelo, «sono condizioni normali» della vita cristiana, «necessarie al suo sviluppo e alla sua fecondità», poiché «la conversione e la sua violenza durano tutta la vita».
Per Madeleine, quindi, i «contatti con l’ateismo attuale o con la non credenza o l’indifferenza» possono, anzi debbono diventare «generatori di una fede rivitalizzata, dilatata per ricevere più luce». Questo da intendere non nel senso che i contatti con i non credenti completerebbero o rettificherebbero la fede, ma che provocano il credente a una continua revisione del suo modo di credere, a riscoprire la fede «come un tesoro straordinario e straordinariamente gratuito», ad essere come «abbagliati dalla grazia», a ritrovarla nella sua essenzialità, in ciò che ha di «inaudito, inaudito alla lettera, mai ascoltato, non alla portata dell’orecchio umano». Ne consegue che a quel punto non ci sono alternative: o si è missionari o si è dimissionari. E se quei contatti «fanno penetrare in un certo dolore missionario, chiariscono [per Madeleine] i veri fondamenti della gioia cristiana».
Spiritualità della bicicletta
«Andate»... ci dici a tutti i tornanti del Vangelo.
Per essere nel tuo senso bisogna andare,
anche quando la nostra pigrizia ci supplica di restare.
Tu ci hai scelti per stare in uno strano equilibrio,
un equilibrio che può stabilirsi e mantenersi
solo in movimento,
solo in uno slancio.
Un po’ come una bicicletta
che non si regge senza girare,
una bicicletta che resta appoggiata contro un muro
finché qualcuno non la inforca
per farla correre veloce sulla strada.
La condizione che ci è data
è una vertiginosa insicurezza universale.
Appena ci mettiamo a guardarla,
la nostra vita perde l’equilibrio, viene meno.
Possiamo star dritti solo avanzando, muovendoci,
in uno slancio di carità.
Tutti i Santi che ci sono dati per modelli,
o almeno molti,
godevano di una Assicurazione una specie di Polizza Spirituale che li garantiva
contro i rischi, le malattie,
che si faceva carico anche dei loro parti spirituali.
Avevano tempi ufficiali di preghiera,
metodi per fare penitenza,
tutto un codice di consigli e di divieti.
Per noi invece,
l’avventura della tua grazia si gioca
dentro un liberalismo un po’ pazzo.
Tu ti rifiuti di fornirci una carta stradale.
Il nostro cammino si fa di notte.
Ogni azione da compiere di volta in volta si illumina
come se scattassero degli interruttori.
Spesso la sola cosa garantita è questa fatica regolare
del solito lavoro ogni giorno da fare,
del solito ménage da ricominciare,
dei soliti difetti da correggere,
delle solite sciocchezze da evitare.
Ma al di fuori di questa garanzia,
tutto il resto è lasciato alla tua fantasia
che si diverte con noi.
Per approfondire
M. Delbrêl, Noi delle strade, Gribaudi, Milano 1988.
Id., La gioia di credere, Gribaudi, Milano 2015.
Id., La santità della gente comune, Gribaudi, Milano 2020.
Id., Umorismo nell’Amore. Meditazioni e poesie, Gribaudi, Milano 2011.
Id., Città marxista terra di missione, Gribaudi, Milano 2015.
Id., All’ascolto della Parola. La docilità di lasciarci plasmare, Gribaudi, Milano 2024.
G. François, B. Piteau, Madeleine Delbrêl. Biografia di una mistica tra poesia e impegno sociale, Edb, Bologna 2014.
P. Bernard, Madeleine Delbrêl. 15 Meditazioni, Gribaudi, Milano 2014.
L. Luppi, Comunità di destino, spaesamento e profezia. Spunti di attualità dalla testimonianza di Madeleine Delbrêl (1904-1964), in «Mysterion» (www.misterion.it), 13 (2020), 1, pp. 134-148.