L’Azione cattolica è stata e continua a essere un fattore di coagulo dentro il paese, un enzima capace di favorire la costruzione e il consolidamento del senso di comunità.
Le scelte dello Statuto entrato in vigore il 1 novembre 1969 hanno dato forma a una singolare esperienza di condivisione e solidarietà intergenerazionale, una capillare esperienza di prossimità, di popolarità, e di protagonismo laicale.
Il 1° novembre 1969, festa di Tutti i Santi, entrava in vigore, in seguito all’approvazione di Paolo VI, lo Statuto dell’Azione cattolica italiana, fortemente voluto da Vittorio Bachelet e mons. Franco Costa come carta di identità di un’associazione profondamente rinnovata, in tutti i suoi aspetti, per adeguarsi allo spirito e alle indicazioni del Concilio Ecumenico Vaticano II. L’Azione cattolica di oggi, pur se differente sotto tanti punti di vista da quella che prese allora forma, è ancora, in tutto e per tutto, figlia delle scelte di quello Statuto, che continua a rappresentare una sorgente limpida per la vita dell’associazione e, attraverso di essa, per tutta la Chiesa.
Non perché da allora non ci siano stati grandi cambiamenti, sul piano culturale, sociale e politico non meno che su quello ecclesiale: la portata delle trasformazioni epocali intercorse in questi cinquant’anni è evidente e non c’è bisogno di sottolinearla. Anche la drammatica esperienza della pandemia che tutto il mondo sta vivendo, con la velocità e la forza inarrestabile con cui il contagio ha attraversato il globo, ne è un terribile esempio. Ma è proprio nel corso del tempo che le scelte poste a fondamento dello Statuto del 1969 hanno mostrato la loro natura profetica. La composizione di un’associazione unitaria, che metteva insieme uomini e donne, adulti, giovani e ragazzi in un’unica realtà, ha dato vita a un’esperienza di condivisione e solidarietà intergenerazionale che probabilmente non ha avuto e non ha paragoni non solo dentro la Chiesa, ma nemmeno nella società del nostro paese. La ferma volontà di far emergere ogni decisione e ogni nomina da un’articolata struttura democratica, che parte dal livello parrocchiale e arriva a quello nazionale, ha fatto crescere e ha custodito nel tempo tra gli aderenti dell’associazione un abito mentale e un’attitudine spirituale alla corresponsabilità sinodale, al senso e alla fatica del confronto, al valore delle regole comuni e della stessa democrazia. La scelta per la Chiesa locale, nella sua dimensione diocesana e in quella parrocchiale, ha dato vita a una capillare esperienza di prossimità e popolarità, capace di tenere insieme la concretezza della dimensione territoriale con uno sguardo aperto su una realtà sempre più globale. Il protagonismo laicale e la fedele collaborazione con la Gerarchia, indicati come cardini fondamentali fin dal primo articolo dello Statuto, hanno formato nel tempo milioni di cattolici italiani a un fortissimo senso ecclesiale, vissuto nella chiave della partecipazione e della condivisione. La decisione di dedicarsi con particolare attenzione al servizio educativo ha permesso di far maturare spiritualmente, umanamente e culturalmente generazioni di credenti e di cittadini capaci di abitare il proprio tempo con consapevolezza e generosità.
Di tutto questo oggi hanno bisogno le nostre comunità. Ne ha bisogno la comunità ecclesiale, affaticata dallo sfilacciarsi del modello parrocchiale di un tempo, sfigurata dai tanti comportamenti che ne deturpano il volto e ferita dal moltiplicarsi degli attacchi portati a Francesco senza pudore e senza senso della misura. Ne ha bisogno, come non mai, il nostro paese, lacerato da troppe contrapposizioni e oggi messo a dura prova, come tutta la famiglia umana, da un virus che ha portato nelle case di milioni di persone, che si sentivano al sicuro, quel senso di fragilità, di solitudine e di impotenza che una larga parte dell’umanità conosce fin troppo bene, per esserci nata e cresciuta in mezzo, flagellata da guerre, povertà, sconvolgimenti climatici.
Guardando ai cinquant’anni trascorsi dall’adozione dello Statuto non c’è dubbio che è proprio grazie alle scelte compiute allora e all’attenzione con cui esse sono state custodite e ritradotte sempre in maniera nuova nel tempo, che l’Azione cattolica di oggi si è ritrovata in un certo senso pronta a «sognare» insieme a Francesco (cfr. Evangelii gaudium n. 27) la Chiesa disegnata con tanta forza dal Papa: una Chiesa sinodale e missionaria, popolare e misericordiosa, chinata sulle ferite del mondo, delle donne e degli uomini che abitano in esso e che vi abiteranno in futuro. Una Chiesa in cui ai pastori è chiesto di saper camminare davanti, ma anche in mezzo e alle volte dietro il popolo di Dio (cfr. ivi n. 31), composto per la sua «immensa maggioranza» di laici (ivi n. 102). E sono sempre quelle stesse scelte che hanno permesso all’Ac, in tutti questi anni, di contribuire in maniera significativa alla tenuta del tessuto civile italiano. Si può ben dire, infatti, pensando al tema al centro di questo numero di «Dialoghi», che nel corso di questo tempo l’Ac è stata e continua a essere un fattore di coagulo dentro il paese, un enzima capace di favorire la costruzione e il consolidamento del senso di comunità, una trama di relazioni intessute tra generazioni, gruppi, territori, persone diverse e a volte anche distanti tra loro.
Il capillare radicamento territoriale, che la vede presente in tutte le province italiane, nei quartieri delle grandi città come in alcuni dei più sperduti paesini di montagna, consente anche oggi all’associazione di concorrere a tenere insieme il paese, aiutando gli italiani a far prevalere le ragioni dello stare insieme sulle spinte divaricatrici che innervano la politica, l’economia e la cultura del nostro tempo. Lo spazio che la vita associativa attribuisce al protagonismo dei ragazzi e alla responsabilità dei giovani rappresenta uno straordinario investimento sulla capacità delle diverse generazioni di pensare e costruire insieme il presente e il futuro che tutti, ragazzi, giovani e adulti sono chiamati ad abitare insieme. L’esercizio della corresponsabilità vissuta a ogni livello come caratteristica fondante dell’impegno personale costituisce la via più radicale di formazione alla consapevolezza che, tanto nella dimensione temporale quanto in quella spirituale, «nessuno si salva da solo, cioè né come individuo isolato né con le sue proprie forze», poiché «Dio ci attrae tenendo conto della complessa trama di relazioni interpersonali che comporta la vita in una comunità umana» (ivi n. 113).
Oggi di tutto questo avvertiamo in maniera particolarmente forte la necessità. L’esperienza che l’Italia e tutto il mondo stanno attraversando ci fa cogliere con ancor maggiore consapevolezza il valore di un impegno volto a mettere insieme invece che dividere, creare legami invece che contrapporre, educare alla prossimità invece che all’individualismo. La XVII Assemblea nazionale dell’associazione, che a causa della pandemia è stata rimandata a dopo l’estate, sarà l’occasione per tornare a riflettere su tutto questo, e per sviluppare una nuova consapevolezza di quanto ciò rappresenti un valore grande, un patrimonio da custodire e promuovere, ma soprattutto una responsabilità, una chiamata a mettersi a servizio della Chiesa e del paese con rinnovato slancio, con coraggio e con creatività. Perché «avere una bella storia alle spalle», ricordava tre anni fa Francesco all’Ac quando l’ha incontrata in piazza San Pietro in occasione dei festeggiamenti per il centocinquantesimo anniversario della fondazione, «non serve per guardarsi allo specchio, non serve per mettersi comodi in poltrona».
Anche oggi, dunque, di fronte alle trasformazioni e alle emergenze del nostro tempo, all’Ac è chiesto di rimettersi in gioco, come ha saputo fare in ogni stagione della Chiesa e del paese, che ha attraversato nei suoi centocinquant’anni di vita: ci è chiesto di domandarci come affiancare e sostenere la vita delle persone, delle famiglie, delle comunità dentro cui siamo radicati. Come essere dentro di esse e per esse germoglio di speranza, esperienza di fraternità, spazi di progettazione e costruzione condivisa del futuro comune.