Lo sguardo sul futuro e l’accorato invito del neo presidente del Parlamento europeo. Viviamo il tempo della responsabilità che chiama tutti a proteggere l’Europa, casa comune, e i valori democratici su cui essa si fonda. Lo dobbiamo non solo ai nostri padri e a quanti in passato hanno donato la loro vita per questo, ma anche ai giovani, alle persone in difficoltà, a tutti coloro che in questo momento soffrono e che aspettano con ansia risposte ai loro problemi.
Viviamo un tempo di forti cambiamenti, sfide globali e grandi preoccupazioni.
La crisi economica che pochi anni fa ha interessato i nostri paesi ha prodotto gravi tensioni sociali. Molte nostre comunità sono impaurite, vivono spesso in situazioni di disagio ed esclusione e non riconoscono le istituzioni come il luogo che garantisce e tutela le loro libertà. Sono sentimenti che attraversano l’intera Europa e che spesso vengono strumentalizzati da coloro che oggi vogliono indebolirci e dividerci.
Se guardiamo al mondo fuori dallo spazio europeo vediamo quanto le dinamiche internazionali debbano essere temperate e quante ingiustizie ricadano su di noi.
Per essere capaci di dare risposte dobbiamo caricarci sulle spalle l’ansia di cambiamento che ci ha trasmesso papa Francesco, quando ci ha invitato a lavorare per un’Europa capace di dare alla luce un nuovo umanesimo. In effetti, nonostante le imperfezioni, l’Europa rimane l’unico spazio che può consentirci di riscoprire quella vocazione che in settant’anni ci ha permesso di costruire uno spazio di democrazia in cui il diritto è il termine di riferimento mediante il quale regoliamo i rapporti fra i cittadini e gli Stati membri.
L’Europa, non dimentichiamolo, è il suo diritto e non è un caso che le forze che provano a dividerci ci raccontano di un sistema europeo le cui regole devono essere scardinate o indebolite. Esse non chiedono riforme, bensì un ritorno indietro che impedisce all’Unione di giocare il suo ruolo sulla scena mondiale e di risolvere i problemi dei cittadini superando le tante ingiustizie.
Papa Francesco ci ricorda che la rassegnazione e la stanchezza non sono sentimenti che appartengono all’anima dell’Europa e soprattutto che le difficoltà possono diventare promotrici potenti di unità.
Anche quando le nostre istituzioni si mostrano inadeguate o da riformare non dobbiamo dimenticare che sono state capaci di assicurare la nostra pacifica convivenza e di custodire le nostre libertà.
Spesso, andando fuori dallo spazio europeo, siamo visti con occhi pieni di ammirazione per quello che abbiamo costruito e per i nostri modelli di vita.
Dico questo non solo per dare risposta a quanti cercano di strumentalizzare le posizioni nazionaliste, ma anche per l’evidente interesse a non consentire agli europei di giocare un ruolo in un mondo globale che non ha regole ma che deve trovarle.
Sono convinto che fuori dallo spazio europeo saremmo tutti più poveri e soprattutto non saremmo in grado di affrontare nessuna priorità. Pensiamo ad esempio alla sfida ambientale, alla sicurezza, alle questioni finanziarie, agli investimenti, alla lotta alle povertà, all’immigrazione, al commercio internazionale, alla politica agricola, all’industria, per arrivare alla sfida tecnologica.
Quali di queste grandi questioni possono essere affrontate dai nostri paesi da soli? Nessuna. E per molte sfide lo spazio europeo è già troppo piccolo. Se dovessimo ritornare indietro, come alcuni vorrebbero, non avremmo possibilità di superare tante difficoltà, ma metteremmo in gioco il bene più prezioso costruito dopo il secondo conflitto mondiale: la pace fra le nazioni europee.
Viviamo il tempo della responsabilità e siamo tutti chiamati a proteggere l’Europa e i nostri valori democratici. Lo dobbiamo non solo ai nostri padri e a quanti in passato hanno donato la loro vita per questo, ma anche ai giovani, alle persone in difficoltà, a tutti coloro che in questo momento soffrono e che aspettano con ansia risposte ai loro problemi.
In Europa le forze che hanno vinto le elezioni europee hanno un solido punto di riferimento nell’alleanza che si è realizzata nel Parlamento europeo e che è mio intento rafforzare.
Rispetto al passato questa dovrà essere una legislatura politica con un’agenda sociale di forte discontinuità. L’agenda europea illustrata dalla presidente eletta Ursula von der Leyen è un buon punto di partenza perché contiene obiettivi ambiziosi e strumenti adeguati per imboccare la strada dello sviluppo sostenibile, salvaguardare la flessibilità nell’attuazione del Patto di stabilità e crescita, rilanciare gli investimenti, introdurre un bilancio della zona euro, sviluppare una strategia contro la povertà con una direttiva-quadro sul salario minimo e una sui piani di protezione sociale.
Rafforzare l’Europa vuol dire rispondere alla concorrenza di potenze economiche come Cina e Stati Uniti ed avere nei rapporti con la Russia e la Turchia doti di dialogo e di fermezza basati sui valori della democrazia e dello stato di diritto.
Ma un’Europa più forte non può essere solo il risultato di interventi legislativi. Occorre investire sulla persona umana, sul valore della comunità e delle famiglie e al tempo stesso sulle forze sociali, sulla loro autonomia e sui corpi intermedi.
È la moderna frontiera su cui si gioca una parte importante del modello sociale europeo, perché tutto il corpo delle relazioni sociali, civili, solidali sono la spina dorsale della nostra democrazia. Senza un pieno coinvolgimento della società e dei corpi intermedi, risulterebbe molto difficile costruire le politiche.
Confronto, dialogo, condivisione sono parole nobili per la politica che devono tornare in uso nel nostro vocabolario. Ce lo chiede la politica, ce lo chiedono i nostri cittadini.