Corpo e salvezza

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Un Dossier che si interroga sulla centralità del corpo nella sfera sociale e sulle conseguenze per l’annuncio della liberazione integrale che è al cuore del messaggio cristiano.

Ammaestrato, addomesticato, educato, il corpo umano resta il medium più potente, la “tunica di pelle” che porta i segni – le stigmate – della dominazione o della liberazione. E si fa linguaggio. Perché il corpo, tutto il corpo, non soltanto la lingua, parla. Dice chi siamo e chi vorremmo essere. Quali sono le nostre ferite e le cicatrici. Quali i tentativi di rimodellarlo, di nascondere o di annullare, come in un’opera barocca, il trionfo del tempo e del disinganno.
Da Marcel Mauss a Norbert Elias, da Michail Bachtin ad Aaron Gurevič, da Peter Brown a Michel Foucault, sociologi ed etnologi, filosofi, storici delle idee e delle mentalità, hanno indagato le sue molteplici trasformazioni (si veda soltanto l’opera monumentale in tre volumi diretta da Alain Corbin, Jean-Jacques Courtine e Georges Vigarello: Histoire du corps, Seuil, Paris 2006). Ma il corpo – nonostante i progressi della medicina, le scoperte di biologi, fisiologi e fisiatri – è sempre un mistero, sfugge alle definizioni e alle catalogazioni. Si lascia sedurre dalle mode, si adatta agli stampi proposti dalla cultura dominante, dai media o dagli influencer, “preziose ridicole” della modernità. E se ne distacca, aspirando a nuove trasformazioni.
Mutevole per definizione, esso rinvia, per i cristiani, ai misteri centrali della fede, l’Incarnazione e la Resurrezione. È il «tempio dello Spirito», indissociabile dalla totalità della persona umana, corpo pensante, fabbrica delle emozioni. «È mio alleato e mio nemico, mio aiuto e mio avversario, un protettore e un traditore» scriveva Giovanni Climaco (La scala santa, XV, 88). Ecco perché esso non può essere considerato alla stregua di un oggetto, lasciato alle indagini e alle sole cure della medicina o della cosmetica.
In questo Dossier, a cominciare dal forum al quale partecipano Brunetto Salvarani, Fiorella Battaglia, Elena Lasida e Dennis Gira, abbiamo voluto interrogarci sulla centralità del corpo nella sfera sociale e sulle conseguenze per l’annuncio della liberazione integrale che è al cuore del messaggio cristiano. Tra tirannia del corpo e aspirazione alla salvezza, Lidia Maggi ci introduce poi allo scenario biblico. E alla necessità di sbarazzarsi di vecchi dualismi e di stereotipi radicati. «Che cosa si perde», scrive, «quando si subordina il corpo all’anima, lo spirituale al materiale? Si perde, prima di tutto, la fede biblica. Si costruisce una narrazione lontana dall’orizzonte delle Scritture ebraico-cristiane. La creatura umana nell’antropologia biblica può vivere solo nella piena unità tra corpo e anima».
Giuliana Parotto analizza il ruolo del corpo nella sfera politica, il “corpo mediale” del leader al tempo dello smartphone e dei social network chiedendosi che cosa cambia nella vita delle persone l’irruzione di un modello comunicativo «che conosce solo le tinte forti, non le sfumature », mescola pubblico e privato, alto e basso, e «ferisce la grammatica della rappresentanza», perché «non conosce il decoro e nemmeno la disciplina», la distinzione di ruoli, status, funzioni.
Se il corpo è anche il luogo in cui si fa l’esperienza del limite, e del limite ultimo, la morte, come pensare allora la fragilità? Superati gli opposti scogli del salutismo e del dolorismo, Luigi Alici ci indica a quali condizioni la fragilità possa essere considerata un dono: «Non dobbiamo però trasformare l’elogio della fragilità in elogio della ferita, né paralizzare la finitezza in un immobilismo stoico».
Piero Pisarra decifra i motivi all’origine di un fenomeno planetario: le donne in tunica scarlatta protagoniste della fiction televisiva tratta dal romanzo di Margaret Atwood, Il racconto dell’Ancella. E smonta le meccaniche del fondamentalismo al centro del racconto. Al tempo del #MeToo, questa distopia – che fa ampio ricorso alla Bibbia – amplifica i lati oscuri delle nostre società nel rapporto col corpo e con il desiderio di maternità, inventando uno stato teocratico in cui le donne sono ridotte alla loro funzione biologica.
Con Francesco Brancato, infine, ci interroghiamo sulla risurrezione della carne come scandalo e profezia, perché «la speranza cristiana annuncia che il corpo è destinato alla gloria, e lo fa andando controcorrente rispetto alla cultura oggi dominante».