Il centenario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore

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Il 7 dicembre 1921 veniva inaugurata l’Università Cattolica del Sacro Cuore, segno dello straordinario impegno culturale dei cattolici italiani. A cent’anni di distanza il Rettore, ricordando la figura di Armida Barelli e il sostegno ricevuto dall’Azione cattolica, indica quali saranno i prossimi impegni dell’Ateneo nella società di domani.

Anche per le istituzioni ci sono anniversari di forte valore simbolico, i quali, poiché «il simbolo», scrive Paul Ricoeur, è qualcosa che «dà a pensare», stimolano domande sulla loro attualità e sul loro avvenire.
È questo il caso del centenario dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e, se l’emergenza sanitaria ha finora condizionato la forma delle sue celebrazioni, nella sostanza gli eventi sin qui realizzati hanno avviato un’ampia, aperta e attiva riflessione sul suo significato, orientata al presente e al futuro dell’Ateneo.
Questo è stato lo spirito della memorabile cerimonia inaugurale del centesimo anno accademico, con la partecipazione e l’intervento del presidente della Repubblica, e delle altre iniziative che hanno coinvolto, insieme a tutte le componenti della comunità accademica, personalità ecclesiali italiane ed estere, rappresentanti di altri atenei, delle istituzioni e della società civile.
Nel primo caso è stato particolarmente fruttuoso incontrare i nostri alumni, in momenti pensati per loro e insieme a loro, così com’è da sottolineare il contributo dei nostri studenti, a iniziare dall’adesione alla call for ideas dal titolo Vivere l’Università dentro e fuori l’Ateneo, grazie alla quale in molti hanno elaborato progetti per fare ripartire la vita universitaria nel tempo della pandemia e oltre. Da sottolineare, ancora, le attività pubblicistiche e seminariali delle nostre dodici facoltà: in tutti i casi sono emersi spunti preziosi per comprendere ciò che oggi si chiede alle università e, segnatamente, alla nostra università cattolica.
Questo modo di rapportarci alla nostra storia è favorito dal peculiare lascito dei nostri fondatori, che ha la forza di un’esperienza viva, pronta a farsi interrogare e rinnovare per interpretare cristianamente il cambiamento. E se oggi il contesto è profondamente cambiato, restano identici i motivi ispiratori di una scelta tuttora volta a rendere più incisivo il contributo dei credenti nella società.
Nato per sanare la contraddizione tra una società plasmata dal cattolicesimo e la marginalizzazione dei cattolici in ambito accademico e politico, l’Ateneo ha raggiunto l’obiettivo con uno straordinario impegno culturale e investendo sulle giovani importanti risorse che, dal 1921 a oggi, hanno consentito a circa trecentomila persone di laurearsi, migliorando le proprie vite e quelle altrui. Molti di loro provenivano da famiglie non abbienti, e questo approccio inclusivo, che ha anticipato il dettato costituzionale sul sostegno ai «capaci e meritevoli», prosegue oggi con forza anche per supplire all’iniqua insufficienza dei fondi pubblici per il diritto allo studio. Nell’ultimo anno e mezzo, inoltre, i problemi causati dalla pandemia a molte famiglie hanno portato l’Ateneo a dotarsi di un nuovo strumento, il Fondo salva studi “Agostino Gemelli”, che ha permesso a diversi giovani di non interrompere o abbandonare il cammino universitario. Un modo anche questo, seppure imprevisto, per celebrare degnamente il nostro centesimo anno di vita.

Trascorso un secolo, il sistema universitario ha ora davanti a sé questioni inedite, legate soprattutto al prodigioso sviluppo delle scienze e delle nuove tecnologie, che mentre soddisfano bisogni particolari, altri ne generano, innescando mutamenti antropologici, ponendo nuove esigenze sociali e spesso accentuando il rischio ecologico.
Il magistero di papa Francesco spinge anche le università a farsi carico di ciò che verrà dopo di noi, in un’ottica di solidarietà intergenerazionale a lungo termine. Basti pensare alla sua richiesta di aderire al Global compact on education e, in generale, all’impatto prodotto anche sul piano culturale dalla Laudato si’, che ha imposto, con la forza di un pensiero alimentato dalla fede e aperto al dialogo interculturale, un cambio delle coordinate di riferimento nella riflessione su persona, società e ambiente.
Inoltre, rivolgendosi alla Federazione internazionale delle università cattoliche (parte strategica e attualissima dell’eredità gemelliana), papa Francesco le ha invitate a superare una troppo rigida divisione del sapere, per affrontare «problematiche antiche e nuove [...] nella loro specificità e immediatezza, ma sempre entro un’ottica personale e globale».
L’umanità non può più, del resto, affidarsi alla sola tecnica per rimediare ai dissesti che essa stessa ha causato, ed è evidente che da cambiare è anzitutto lo sfruttamento di centinaia di milioni di esseri umani da parte di pochi; che occorre agire tempestivamente sul disegno globale dell’economia, sui processi di produzione e distribuzione delle risorse, elaborando modelli sociali ed economici innovativi.
A questo scopo l’educazione è un elemento irrinunciabile, è da lì che si riparte, perché, per progettare nuove modalità della coesistenza umana, occorre una nuova sensibilità individuale. Queste istanze trovano riscontro nel continuo aggiornamento dei nostri piani di studio e nella nostra attività di ricerca e di terza missione, generando anche iniziative originali come, ad esempio, lo Human Technology Lab, che indaga il rapporto tra l’umano e il digitale e l’Osservatorio sul sovraindebitamento delle famiglie.
Si tratta, evidentemente, di obiettivi ardui ed epocali, che l’Università Cattolica ha fatto propri con piena disponibilità al confronto e alla collaborazione, consapevole che le questioni sollevate non possono essere risolte da una singola istituzione; obiettivi enormi che, anche pensando al progressivo processo di scristianizzazione in atto, potrebbero indurre allo sconforto.
In questo senso il centenario è soprattutto l’occasione per ritornare alle testimonianze di fede operosa, speranza e carità intellettuale presenti nella nostra storia. Ed è importante ricordare, per esempio, che quando si poté finalmente inaugurare, il 7 dicembre 1921, il primo anno accademico dell’Università Cattolica, la grande soddisfazione per l’obiettivo raggiunto fu rischiarata, nell’animo dei nostri fondatori, dalla percezione di essere stati guidati e sorretti da una Presenza reale, attiva, partecipe e a un tempo ineffabile: «Noi fummo strumenti – ripeteva Gemelli trentott’anni dopo – anche se non perfettamente consapevoli, come sempre avviene per chi nella vita umana è attore, di questa azione provvidenziale».
L’intensità di quel riconoscimento è giunta fino a noi, solennizzandosi come affidamento e perpetua invocazione nell’intitolazione al Sacro Cuore di Gesù, ed è per noi la pietra sulla quale edificare anche il secondo secolo di vita.
Del resto, la Provvidenza alla quale si affidarono Gemelli e i suoi non è la prònoia immanente e impersonale degli stoici, ma l’azione misteriosa di un Dio personale, che si manifesta e agisce nella storia, entrando in relazione con l’uomo e la sua libertà: «L’età nostra – afferma Gemelli – è quel periodo di tempo in cui la Provvidenza di Dio ci ha fatto nascere e vivere per operare. La nostra età avrà quella fisionomia che noi, ciascuno di noi, contribuirà a darle».
Ricorre inoltre, nelle testimonianze di quei pionieri, il confortante pensiero di non essere i soli, e forse neppure i più decisivi, tra gli strumenti utilizzati dalla Provvidenza. Venticinque anni e una guerra mondiale dopo la fondazione, con la sede monumentale appena ricostruita dopo i bombardamenti del 1943, il primo rettore stilò infatti un lungo elenco di sostenitori, che mi pare giusto ricordare, almeno in parte, su queste pagine. Così si espresse, per esempio, riferendosi alla Giornata per l’Università Cattolica: «La costituiscono i cattolici italiani formando le varie categorie di Amici e [...], quando, ubbidendo all’invito del Papa, i Vescovi incitano i loro fedeli a dare il loro obolo nella Giornata Universitaria [...]; merito delle socie della Gf di Ac, dalle giovanissime alle più mature, che alle porte delle nostre chiese stendono la mano per la “nobile mendica” che è l’Università; merito dell’Azione cattolica, che si è fatta un titolo d’onore il rendere possibile la vita dell’Ateneo...».
Si giunge per questa via al dono più prezioso elargitoci proprio nel tempo del nostro centenario, ossia l’ormai prossima beatificazione di Armida Barelli, attivista-dirigente dell’Azione cattolica e cofondatrice-protagonista dell’Università Cattolica. Meditando sulla sua testimonianza e invocandone l’intercessione, ci è dato un potente ausilio per imparare sempre più, in una realtà complessa come quella contemporanea, a costruire ponti e superare pregiudizi, come lei seppe fare, convincendo famiglie restìe a investire nell’istruzione delle proprie figlie e persone lontane dal mondo intellettuale a sostenere quel laboratorio di educazione, scienza e cultura che è l’Università Cattolica del Sacro Cuore. A lei, insieme alle donne e agli uomini dell’Azione cattolica, riconoscenti ci affidiamo.