Fondare un’economia dal volto umano per dare forma a una società più fraterna attraverso progetti, strumenti e organizzazioni, da guardare in modo nuovo non rinunciando alla complessità e andando oltre i riduzionismi. È il principale obiettivo che giovani, studiosi, imprenditori si sono posti rispondendo all’invito di papa Francesco dando luogo all’evento “Economy of Francesco”.
Trasformare il modello economico, riformare le istituzioni economiche e ripensare i paradigmi di analisi e valutazione dei fenomeni economici e finanziari, per realizzare una società più giusta e inclusiva: un programma ambizioso e per molti versi provocatorio quello che i giovani convocati da papa Francesco si sono dati qualche mese prima che dilagasse la pandemia da Covid-19 e che stanno perseguendo con rigore e perseveranza. Una rete di studiosi e practitionars, imprenditori e change makers, un calendario diffuso e articolato di laboratori, progetti, ricerche in differenti contesti territoriali, un coordinamento di economisti e scienziati sociali di fama internazionale, di istituzioni cattoliche e laiche, di associazioni ed enti del «Terzo Pilastro»1 : è questa la straordinaria architettura progettuale che è stata costruita da diverse migliaia di giovani, i quali, nonostante le difficoltà del periodo pandemico, hanno saputo tenacemente corrispondere all’invito che il Santo Padre aveva fatto loro già nel 2019 per «rivedere i nostri schemi mentali e morali, perché siano più conformi ai comandamenti di Dio e alle esigenze del bene comune»2.
Sin dall’inizio del suo pontificato, il papa ha identificato la necessità di avviare un corale e diffuso ripensamento del modello produttivo e finanziario, estremamente estrattivo rispetto al suo modo di rapportarsi con le risorse (tutte le risorse ma in particolare quelle naturali e ambientali) e alla visione di corto respiro determinata da una deriva speculativa dei principali meccanismi di generazione del valore. Le evidenze empiriche, allora come adesso, sono inequivocabili. In primo luogo un incremento della disuguaglianza mondiale: il 10% di popolazione più ricca del pianeta possiede il 76% della ricchezza e il 52% del reddito, mentre il 50% più povero possiede il 2% della ricchezza e l’8% del reddito come evidenza il World Inequality Report del 20223 . Ci sono settori ad alta densità di capitale e con un grado di sviluppo tecnologico avanzato che continuano a generare valore aggiunto contribuendo ad una espansione del Prodotto Interno Lordo globale, ma una simile ricchezza creata “non sgocciola”, o almeno non lo fa in modo necessario da consentire a gran parte della popolazione mondiale di partecipare al processo produttivo e di sentirsi inclusa nei sistemi di protezione sociale delle moderne democrazie. La povertà, intesa come impossibilità a raggiungere un livello minimo di sussistenza, sebbene sia diminuita globalmente in termini assoluti continua a crescere in modo differenziato penalizzando soprattutto i paesi del Sud del mondo. Quelle stesse aree geografiche che assistono a un processo di desertificazione (non solo climatica) e marginalizzazione delle proprie economie locali. Il cambiamento climatico anche in questo caso ha un impatto con effetti asimmetrici. Le ragioni della disuguaglianza sono pertanto diverse e complesse e possono essere affrontate solamente attraverso politiche pubbliche integrate con processi di cambiamento culturale e sociale: ciò che il papa nella sua Laudato si’ chiama «conversione ecologica». Una semplice lineare transizione energetica non ci basterà. Così come non basterà una pennellatura di verde a un modo di fare business che rischia di replicare il modello estrattivo e speculativo che è il principale meccanismo di produttore di crisi negli ultimi decenni. Occorre una nuova visione economica “indisciplinata” come l’ha definita il gesuita francese ed economista Gaël Giraud4 . Proprio per questo il pontefice si rivolge ai giovani, non banalmente perché essi siano degli scalmanati o dei sovversivi, ma perché la loro naturale aspirazione e ricerca di una realtà più giusta e di un futuro migliore prevalga sui meccanismi ripetitivi e dannosi che predeterminano i principali processi sociali spesso condizionati da logiche economiche fondate sulla massimizzazione dell’utilità e sull’efficienza prima di ogni altro principio e valore: «[...] voi siete capaci di ascoltare col cuore le grida sempre più angoscianti della terra e dei suoi poveri in cerca di aiuto e di responsabilità, cioè di qualcuno che “risponda” e non si volga dall’altra parte. Se ascoltate il vostro cuore, vi sentirete portatori di una cultura coraggiosa e non avrete paura di rischiare e di impegnarvi nella costruzione di una nuova società. Gesù risorto è la nostra forza!»5 .
La Buona notizia sull’uomo che oggi il Cristo offre al mondo attraverso la sua Chiesa ha ancora una grande capacità istituente6 : ha cioè la forza di dare sostanza e forma culturale a un modo di vivere più fraterno e solidale con i più fragili e vulnerabili, perseguendo un utilizzo sobrio e condiviso delle risorse che sono di tutti a partire dalla “casa comune” e rimettendo al centro il lavoro come espressione creativa ed essenziale della convivenza umana. Occorre riconoscere, dunque, ciò che già il beato Giuseppe Toniolo, economista ignorato e dimenticato troppo sbrigativamente, aveva intuito quando scriveva che il fattore etico è intrinseco alle leggi economiche, frutto di comportamenti e di scelte, tendenzialmente razionali ma mai completamente neutralizzate da distorsioni o interazioni emotive e “passionali”, e ordinate al raggiungimento di risultati minimizzando l’utilizzo (che potremmo definire anche spreco) delle risorse che sono un bene: «i sentimenti e le idee» conservano «una grande funzione nel campo degli interessi materiali» e «non cessano giammai dall’esercitare il loro influsso, or temperato, ora violento sulle vicende economiche»7 . L’economia dal volto umano che aveva in mente il fondatore delle Settimane Sociali dei cattolici italiani è molto simile a quella dei giovani di Francesco, che si ritrovano proprio ad Assisi per guardare al Santo poverello come modello ispiratore di uno stile generativo e trasformativo di pensare e agire l’economia non solo in quanto dispositivo sociale e culturale di “incivilimento” – come già fece Toniolo e prima di lui l’abate Genovesi con la sua scuola napoletana di Economia Civile –, ma anche per scommettere su un’economia che dà forma a una società più fraterna attraverso progetti, strumenti e organizzazioni che provano a spostare l’asse del problema economico dalla scarsità di mezzi alla scarsità di fini. Un’economia “sorella”8 da guardare innanzitutto in modo nuovo e da pensare e studiare in modo differente, plurale, non rinunciando alla complessità e superando i riduzionismi. Molti osservatori critici e strenui difensori del pensiero economico mainstrem ribadiranno che tale economia non è possibile perché non ha consistenza. E invece le esperienze di economia solidale dei campesinos latino-americani, l’economie citoyenne francese, il microcredito del premio Nobel Yunus, la Jugaad 9 Economics, il movimento cooperativo in Europa e in Italia, l’economia dei beni e delle aziende sequestrate alla criminalità organizzata, le filiere corte e l’agroecologia, il turismo lento e sostenibile, l’economia “carceraria”, l’Economia sospesa, l’economia del Bene Comune, le reti di gruppi di acquisto solidale, la cooperazione internazionale e il commercio equo e solidale, la finanza etica e l’Economia di Comunione esistono, generano occupazione, creano e distribuiscono valore economico, inventano nuovi modi per gestire beni comuni e prendersi cura del territorio e dell’ambiente, ma anche dei più poveri, degli scartati, delle persone e delle realtà marginalizzate. Un’economia della cura e della custodia, dunque, laddove «cura delle relazioni in una logica inclusiva e custodia delle risorse ambientali e del territorio diventano le coordinate etiche all’interno delle quali è possibile collocare modelli e pratiche fondate su rapporti più armonici e armoniosi tra società, economia e ambiente10».
Riportiamo di seguito il “Patto per l’economia” dei giovani con papa Francesco.
Noi, giovani economisti, imprenditori, changemakers, chiamati qui ad Assisi da ogni parte del mondo, consapevoli della responsabilità che grava sulla nostra generazione, ci impegniamo ora, singolarmente e tutti insieme, a spendere la nostra vita affinché l’economia di oggi e di domani diventi una Economia del Vangelo. Quindi:
un’economia di pace e non di guerra,
un’economia che contrasta la proliferazione delle armi, specie le più distruttive,
un’economia che si prende cura del creato e non lo depreda,
un’economia a servizio della persona, della famiglia e della vita, rispettosa di ogni donna, uomo, bambino, anziano e soprattutto dei più fragili e vulnerabili,
un’economia dove la cura sostituisce lo scarto e l’indifferenza,
un’economia che non lascia indietro nessuno, per costruire una società in cui le pietre scartate dalla mentalità dominante diventano pietre angolari,
un’economia che riconosce e tutela il lavoro dignitoso e sicuro per tutti, in particolare per le donne,
un’economia dove la finanza è amica e alleata dell’economia reale e del lavoro e non contro di essi,
un’economia che sa valorizzare e custodire le culture e le tradizioni dei popoli, tutte le specie viventi e le risorse naturali della Terra,
un’economia che combatte la miseria in tutte le sue forme, riduce le diseguaglianze e sa dire, con Gesù e con Francesco, “beati i poveri”,
un’economia guidata dall’etica della persona e aperta alla trascendenza,
un’economia che crea ricchezza per tutti, che genera gioia e non solo benessere perché una felicità non condivisa è troppo poco.
Noi in questa economia crediamo. Non è un’utopia, perché la stiamo già costruendo. E alcuni di noi, in mattine particolarmente luminose, hanno già intravisto l’inizio della terra promessa.Assisi, 24 settembre 2022
Le economiste, gli economisti, le imprenditrici, gli imprenditori, le e i changemakers, le studentesse, gli studenti, le lavoratrici, i lavoratori.
Note
1 Questa l’espressione utilizzata dall’economista indiano Raguran Rajan per identificare ciò che noi chiamiamo più comunemente il “terzo settore”
2 Lettera del Santo Padre per l’evento “Economy of Francesco”, Assisi, 26-28 marzo 2020.
4 G. Giraud, F. Sarr, Un’Economia indisciplinata. Riformare il capitalismo dopo la pandemia, EMI, Verona 2021.
5 Lettera del Santo Padre per l’evento “Economy of Francesco”, cit.
6 Utilizziamo il termine “istituzione” nel senso proposto dal filosofo Roberto Esposito.
7 La citazione è tratta da D. Sorrentino, L’economista di Dio. Giuseppe Toniolo, Ave, Roma 2001, p. 193.
8 Per citare il volume di Marco Asselle e Andrea Piccaluga www.sorellaeconomia.it.
9 È un termine hindi per indicare frugalità ma anche capacità di “arrangiarsi” nel trovare una soluzione.
10 E. Giovannini, G. Notarstefano, L’economia come cura e custodia, in F. Mazzocchio, G. Notarstefano (a cura di), Ecologia Integrale? Etica, Economia e Politica in dialogo, «Anthropologica. Annuario di studi filosofici», 2019