Dalla giovinezza alla conduzione del Tg1, fino all’impegno attivo nel Partito democratico e alla presidenza del Parlamento europeo: un uomo di giustizia e di fede, che ha fatto del dialogo la sua peculiare cifra stilistica.
«Ci siamo cercati e trovati sui banchi di scuola. Abbiamo camminato insieme fino a oggi. In questo tempo il nostro stare insieme ha fatto i conti con l’altro e l’altrove in cui avevi deciso di spendere parte delle tue energie. Ti ho, ti abbiamo sempre condiviso con altri, tra famiglia e lavoro, famiglia e politica, famiglia e passioni. Altri luoghi e altri impegni in cui hai costruito con tenacia il tuo modo di essere, il tuo modo di fare, i tuoi valori». Le parole di Alessandra Vittorini, moglie di David Sassoli, durante le esequie di Stato, celebrate a Roma il 14 gennaio 2022, dicono molto della figura del presidente del Parlamento europeo, scomparso tre giorni prima a seguito di una malattia che non gli aveva dato scampo. Sassoli lasciava la moglie e i due figli, Livia e Giulio, con i quali aveva condiviso ogni esperienza della vita professionale e politica. «Noi siamo stati il tuo punto fermo», aggiungeva commossa la vedova.
Una vita «molto bella» anche se «un po’ complicata», aveva sussurrato lo stesso Sassoli qualche giorno prima alla moglie, quando era già ricoverato al Centro di riferimento oncologico di Aviano, dove si sarebbe spento.
La “panchina”, i libri, il Tg1
David Maria Sassoli era nato a Firenze il 30 maggio 1956. Trasferitosi presto a Roma con la famiglia per via del lavoro del padre Domenico, giornalista delle testate della Democrazia cristiana, aveva frequentato le scuole della capitale. Un contributo fondamentale alla sua formazione culturale e alla spiccata sensibilità sociale, politica ed ecclesiale, gli derivava dagli amici della “panchina”, un gruppo informale di giovani che negli anni Settanta si ritrovava davanti all’abitazione delle famiglie Scoppola e Giuntella per leggere libri, dialogare su autori e temi del momento, discutere animatamente su pace, giustizia sociale, fede e rinnovamento della Chiesa post conciliare. Leader riconosciuto del gruppo Paolo Giuntella, poi fondatore dell’associazione Rosa Bianca, cui lo stesso Sassoli aderirà.
Per David Maria – che porta il nome del servita Turoldo, tanto caro al padre – gli anni giovanili comprendono l’impegno negli scout, poi nei giovani della Dc, tante buone letture, incontri di altissimo livello (Vittorio Bachelet, Giorgio La Pira, Aldo Moro, Benigno Zaccagnini...), mentre matura alcune passioni che lo accompagneranno per tutta l’esistenza: la storia, la stessa politica, il giornalismo, che sarà la sua professione. Dall’esordio in alcune testate romane fino alla conduzione del Tg1 delle 20.00 – telegiornale di punta della Rai – del quale sarà anche vicedirettore, Sassoli interpreta il “mestiere” del cronista con la consapevolezza che si tratta di un servizio pubblico, il quale richiede due specifiche attenzioni. Anzitutto la ricerca della realtà dei fatti, senza la pretesa di raccontare una verità assoluta; in secondo luogo, il pieno rispetto delle persone, quelle di cui si deve raccontare, e quelle cui ci si rivolge (nel suo caso, i telespettatori). Il sorriso di Sassoli – espressione sincera della sua persona – entra nelle case di milioni di utenti ogni sera, accompagnando le notizie del giorno. La collega Luisa Anzaldo lo ha così ricordato il giorno dei funerali: «Arrivavi trafelato allo studio del Tg1 pochissimi secondi prima delle 20.00, sempre di corsa; poi ti riassettavi un po’, ricomponevi questo affanno, infilavi la giacca e dicevi: “Buonasera dal Tg1”. Ma a casa quel “buonasera” suonava in un altro modo, suonava: 105 3/2023 Gianni Borsa “Scusate, posso? So che state cenando, ma dovrei raccontarvi cosa è successo oggi”. E da casa le persone dicevano: “Prego, accomodati, vieni qui con noi, raccontaci”. Autorevole, ma con garbo».
Dalla cronaca alla politica
Nel 2009 la vita di Sassoli conosce una svolta. Candidato dal Partito democratico alle elezioni europee, viene eletto, anche grazie alla grande popolarità dovuta alla televisione, al Parlamento Ue, dove sarà rieletto nelle due votazioni successive (2014 e 2019). Il suo impegno si sposta quindi da Roma a Strasburgo e Bruxelles. All’Eurocamera porta il suo contributo su alcuni dossier riguardanti mobilità e trasporti, soprattutto in relazione al trasporto ferroviario e aereo. Si fa apprezzare per la costante presenza ai lavori parlamentari, dove probabilmente trova uno spazio adeguato al suo profilo personale: in sede europea, infatti, le tipiche contrapposizioni maggioranza-opposizione che si sperimentano in sede nazionale lasciano giocoforza il posto a lunghe mediazioni tra interessi assai divergenti, e alla ricerca di equilibrate soluzioni fondate su un ampio consenso. Una “politica del dialogo”, non esente da divisioni e scontri, ma basata sulla costruzione di un consenso oltre gli steccati dei partiti e delle provenienze nazionali. Egli mette in campo, in tale contesto, alcune sue caratteristiche personali che si rivelano strategiche: la capacità di ascolto, la passione per il dialogo nella ricerca di punti di convergenza, la predilezione per soluzioni concrete che però si ispirino a una visione politica di più vasto respiro. Anche per tali ragioni, l’eurodeputato italiano emerge nel suo gruppo, i socialisti e democratici, maturando stima e consensi pure nel resto dell’emiciclo. Tanto da essere scelto, il 3 luglio 2019, per la presidenza dell’Assemblea. Il primo intervento dallo scranno più alto di Strasburgo tratteggia la visione dell’Europa che Sassoli sta nutrendo da anni, come istituzione necessaria ai paesi membri per poter “contare” in un mondo globalizzato, con protagonisti mondiali del calibro di Cina, Stati Uniti, Russia, Giappone, India, Brasile, Sudafrica, Messico, Nigeria. Un’Europa – inoltre – che si ponga al servizio dei cittadini secondo la definizione di «democrazia utile». Al contempo una Unione «cantiere aperto», «cattedrale in costruzione», disponibile alle riforme interne per restare al passo con i tempi e con le nuove e continue sfide che la storia le pone dinanzi. Un’Europa dei profili 106 David Sassoli, testimone di speranza dal sorriso sincero popoli, che valorizza le diversità culturali, sociali, economiche, ossia il contrario dei nazionalismi, che il presidente denuncia in numerosi interventi ufficiali.
«Nel suo discorso di insediamento come presidente del Parlamento europeo, nel luglio 2019, è come se David Maria Sassoli – ha osservato Michele Nicoletti, amico di Sassoli e a sua volta esperto di questioni europee – avesse voluto non solo annunciare la sua idea di Europa e le sfide che l’Unione europea e il Parlamento europeo si trovavano a fronteggiare, ma avesse voluto anche rendere omaggio a tutto quello che lo aveva portato lì. Alle cose in cui credevamo a vent’anni, quando ascoltavamo Paolo Giuntella raccontarci dell’ultimo libro o poesia o disco che aveva scoperto, quando uscendo a tarda ora dal giornale si metteva a ricamare una rete di maestri e di santi, un po’ viventi un po’ scomparsi, un po’ mistici o ubriaconi, che ci avrebbero accompagnato nella vita. Le cose di quegli anni avrebbero guidato David nella vita personale, professionale e civile, lo avrebbero spinto a fare il giornalista e poi il parlamentare, e a più di quarant’anni di distanza, da presidente del Parlamento europeo, in quelle stesse cose non aveva smesso di credere»1 .
Le sorprese della storia
Se il discorso di insediamento come presidente dell’Europarlamento può essere considerato una sorta di “programma di lavoro” per il mandato che lo attendeva, sarà la storia, tanto amata da Sassoli, a obbligarlo a cambiare programma. Dovette porre in secondo piano – per forza di cose – diverse priorità che aveva a cuore e più volte indicato negli anni da eurodeputato e nei primi mesi come presidente: fra di esse, l’occupazione giovanile e il lavoro, il pilastro dei diritti sociali, le migrazioni e la riforma dell’Accordo di Dublino, la cooperazione con i paesi africani e mediorientali, il Green Deal e la lotta al cambiamento climatico, il sostegno alla cultura e alla ricerca, una politica estera di “incontro” e di pace. All’inizio del 2020, infatti, arriva in Italia e poi in Europa la pandemia da Covid-19, generando dapprima una crisi sanitaria che genera a sua volta una crisi economica e occupazionale, quindi una crisi sociale e relazionale. Una svolta inattesa, mai sperimentata in epoca moderna, richiedendo a tutte le istituzioni politiche – Ue in testa – la ricerca di soluzioni drastiche ed efficaci al contempo. In questa fase, l’apporto di Sassoli si rivela lungimirante. Anche grazie a un proficuo rapporto di collaborazione con la presidente della Commissione, Ursula von der Leyen, il presidente del Parlamento sosterrà alcune decisioni da parte delle istituzioni Ue che si riveleranno fondamentali, nel medio e lungo periodo, per fronteggiare la pandemia: restrizioni e controlli alla mobilità per limitare i contagi, acquisti e gestione comune dei vaccini tra i Ventisette, “debito comune” per raccogliere fondi al fine di sostenere le imprese e gli stati più indebitati (Recovery Fund, NextGenerationEu).
Una decisione di rilievo riguarda il funzionamento del Parlamento europeo anche in tempo di lockdown, perché, afferma il presidente, «nessun virus può bloccare la democrazia»2 . Addirittura farà in modo che nei mesi più duri del lockdown, gli edifici dell’Eurocamera possano aprire i battenti per ospitare persone senza fissa dimora e donne con figli in stato di difficoltà. Un gesto, quest’ultimo, semplice e certamente non risolutivo, ma un segnale eloquente di una umanità e di una attenzione alle persone che molti hanno poi riconosciuto a Sassoli.
Un uomo di speranza
Gli ultimi mesi della vita di Sassoli appaiono assai complicati. Da settembre 2021 è costretto a ricoveri ospedalieri e a rinunciare alla presenza ai lavori di Strasburgo e Bruxelles. Il 23 dicembre viene diffuso il suo ultimo videomessaggio, con gli auguri di Natale. In questa sorta di “testamento etico e politico”, afferma: «Abbiamo visto nuovi muri, e i nostri confini in alcuni casi sono diventati confini tra morale e immorale, tra umanità e disumanità. Muri eretti contro persone che chiedono riparo dal freddo, dalla fame, dalla guerra, dalla povertà. [...] Abbiamo lottato accanto a chi chiede più democrazia, più libertà, accanto alle donne che chiedono diritti e tutele. A chi chiede di proteggere il proprio pensiero. Accanto a coloro che continuano a chiedere un’informazione libera e indipendente. Abbiamo finalmente realizzato, dopo anni di crudele rigorismo, che la disuguaglianza non è né accettabile né tollerabile, che vivere nella precarietà non è umano. [...] Il periodo del Natale è il periodo della nascita della speranza. E la speranza siamo noi quando non chiudiamo gli occhi davanti a chi ha bisogno, quando non alziamo muri ai nostri confini, quando combattiamo ogni forma di ingiustizia. Auguri a noi, auguri alla nostra speranza»3 . Parole di speranza da una persona che già forse intuisce l’esito della sua malattia.
Sassoli è stato anche un uomo di fede. Una fede profonda, mai sbandierata, vivace, interrogativa. Il card. Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, ora presidente della Cei, ne aveva parlato così durante l’omelia dei funerali: «David ci aiuta a guardare il cielo – a volte così grande da spaventare, che mette le vertigini – lui che lo ha cercato sempre, da cristiano in ricerca eppure convinto. [...] Credente sereno ma senza evitare i dubbi e gli interrogativi difficili, fiducioso nell’amore di Dio, radice del suo impegno, condiviso sempre con qualcuno, come deve essere, perché il cristiano come ogni uomo non è un’isola, ma ha sempre una comunità con cui vivere il comandamento dell’“amatevi gli uni gli altri”»4 .
L’allora direttore di «Avvenire», Marco Tarquinio, fornisce in un editoriale del quotidiano cattolico pubblicato all’indomani della morte, una delle più efficaci “definizioni” di David Sassoli: «cattolico senza complessi e democratico senza esitazioni»5 .
Un uomo che lascia in eredità il segno della coerenza, la forza della speranza e un sorriso sincero.
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Antologia
Grande saggezza, massimo d’audacia
Siamo immersi in trasformazioni epocali: disoccupazione giovanile, migrazioni, cambiamenti climatici, rivoluzione digitale, nuovi equilibri mondiali, solo per citarne alcuni, che per essere governate hanno bisogno di nuove idee, del coraggio di saper coniugare grande saggezza e massimo d’audacia. Dobbiamo recuperare lo spirito di Ventotene e lo slancio pionieristico dei “padri fondatori”, che seppero mettere da parte le ostilità della guerra, porre fine ai guasti del nazionalismo dandoci un progetto capace di coniugare pace, democrazia, diritti, sviluppo e uguaglianza. In questi mesi, in troppi hanno scommesso sul declino di questo progetto, alimentando divisioni e conflitti che pensavamo essere un triste ricordo della nostra storia. I cittadini hanno dimostrato invece di credere ancora in questo straordinario percorso, l’unico in grado di dare risposte alle sfide globali che abbiamo davanti a noi.
(Discorso di investitura del presidente Sassoli, Strasburgo, 3 luglio 2019)
Un’Europa nuova, più partecipata
I nostri cittadini hanno votato in massa per partiti e movimenti che, sebbene con diverse sensibilità, si riconoscono nei grandi principi del progetto europeo. Non si è assistito, come molti avevano previsto, a un dilagare delle forze populiste e nazionaliste. Tuttavia, questo risultato non deve trarci in inganno né farci abbassare la guardia: i cittadini europei non hanno chiesto una continuità tout court, ma hanno dato segnali chiari per un’Europa nuova, più vicina alle loro esigenze, più verde, più severa nella difesa dello stato di diritto, più attenta ai diritti sociali, più efficiente e trasparente nel suo processo decisionale. Serve un’Europa più partecipata.
(Discorso del presidente Sassoli al Consiglio europeo, Bruxelles, 17 ottobre 2019)
Centralità della persona e cittadinanza
Le sfide che dobbiamo affrontare sono impegnative e chiedono all’Europa una grande unità. Pensiamo, per esempio, alla lotta alla povertà, alle grandi questioni finanziarie, alla sfida ambientale, alla sicurezza, agli investimenti, all’immigrazione, alla politica agricola, all’industria, alla sfida tecnologica. Quali di queste grandi questioni potrebbero essere affrontate dai nostri singoli Paesi? Nessuna. E per molte sfide lo spazio europeo è già troppo piccolo. Ma un’Europa più solidale – e quindi più forte – non può essere solo il risultato di interventi legislativi, poiché occorre restituire centralità alla persona umana, investire sul valore della comunità e perseguire uno sviluppo integrale orientato al bene comune. Mai come in questo momento abbiamo bisogno di partecipazione, dialogo e collaborazione. In virtù di questo, dobbiamo valorizzare ancora di più l’identità della cittadinanza europea. Abbiamo capito, insomma, che non è accettabile un’economia senza morale, uno sviluppo senza giustizia, una crescita a scapito delle generazioni future.
(D. Sassoli, L’Unione europea alla prova, in «Appunti di cultura e politica», 2/2021, pp. 12-16.)
Democrazia, libertà, dignità
I nostri valori democratici sono sempre più attaccati dall’autoritarismo, da coloro che vorrebbero farci credere che le nostre libertà non ci difendono dalle sfide che dobbiamo affrontare, che la democrazia è inefficace e non serve. Rifiuto categoricamente questo punto di vista. Dobbiamo dimostrare ancora e ancora che solo la democrazia può proteggere le nostre libertà individuali e collettive, la nostra dignità, il bene comune, la pace, la sicurezza, il progresso sociale e il benessere economico.
(Discorso del presidente Sassoli alla cerimonia di apertura della Conferenza sul futuro dell’Europa, Strasburgo, 9 maggio 2021)
Gli occhi di tutte le vittime...
Mi hanno sempre colpito gli occhi delle vittime, la fissità degli occhi che guardano, ma non vedono. Sì, gli occhi dell’umanità privata di umanità. E, guardate, gli occhi delle vittime sono sempre gli stessi. Sono quelli delle foto nei lager, dei condannati a morte, quelli che ritroviamo sempre, in ogni guerra, in ogni persona violentata, annientata, in tutti coloro che cercano di salvarsi, nelle donne umiliate, nelle colonne di famiglie che scappano, nei bambini smarriti, in coloro che annegano, che si aggrappano alla vita e la perdono. Gli occhi di Mauthausen, come gli occhi di Srebrenica, dei profughi siriani, delle mamme riprese sui gommoni prima di annegare nella corsa verso una felicità che non arriverà mai per la nostra indifferenza.
(Discorso del presidente Sassoli alla commemorazione dell’eccidio nazista di Cibeno, Campo di Fossoli – Carpi, 11 luglio 2021)
Europa che innova, protegge e sia faro
L’Europa ha anche e soprattutto bisogno di un nuovo progetto di speranza, un progetto che ci accomuni, un progetto che possa incarnare la nostra Unione, i nostri valori e la nostra civiltà, un progetto che sia ovvio per tutti gli europei e che ci permetta di unirci. Penso che questo progetto possa essere costruito intorno a tre assi forti, a un triplice desiderio di Europa che sia unanimemente condiviso da tutti gli europei: quello di un’Europa che innova, di un’Europa che protegge e di un’Europa che sia faro. [...] L’Europa deve quindi ritrovare l’orgoglio del suo modello democratico. Dobbiamo fermamente desiderare che questo modello di democrazia, di libertà e di prosperità si diffonda, che attiri, che faccia sognare e non solo i nostri stessi concittadini europei, ma anche al di là delle nostre frontiere. Far risplendere il nostro modello democratico significa dimostrarne il successo, dimostrarne l’efficacia nelle sue politiche pubbliche e la capacità di ottenere risultati tangibili grazie a una ferrea determinazione.
(Discorso del presidente Sassoli al Consiglio europeo, Bruxelles, 16 dicembre 2021)
Note
1 M. Nicoletti, Il sogno di un’Europa unita nella diversità, in G. Borsa, David Sassoli, la forza di un sogno. Uomo, giornalista, cittadino d’Europa, In dialogo, Milano 2023, p. 146.
2 Dichiarazione del presidente Sassoli sul Covid-19, Bruxelles, 10 marzo 2020.
3 Videomessaggio del presidente Sassoli in occasione del Natale 2021, 23 dicembre 2021.
4 Omelia del cardinale M. Zuppi ai funerali di David Sassoli, Basilica di Santa Maria degli Angeli (Roma), 14 gennaio 2022.
5 M. Tarquinio, Dove nasce il rispetto, in «Avvenire», 12 gennaio 2022.